Dal tessuto «mutante» al rock di Jim Morrison L’abito insegue il tempo

Prada punta su materiali innovativi, Cavalli torna allo stile maledetto Emporio Armani sceglie il nero totale

da Milano

Mutazioni di moda, fare e disfare, l’apparenza che non ha mai ingannato tanto e alla fine diventa la vera sostanza. Quel che Miuccia Prada ha fatto sfilare ieri sera a Milano è una creatura mutante perché dotata di qualcosa in più come gli X-Men della trilogia cinematografica girata da Bryan Singer per le prime due puntate e da Brett Ratner per quella arrivata da poco sui nostri schermi. L’uomo Prada del prossimo autunno-inverno forse non passa attraverso i muri, non ha ali da angelo grazie alle quali volare e nemmeno riesce ad alzare le macchine con la sola forza del pensiero. Ma certo è nuovo, con un guardaroba profondamente diverso da tutto ciò che gli uomini hanno indossato finora pur essendo comunque composto da pantaloni, giacche, pullover, cappotti al ginocchio e pelliccioni per il grande freddo.
«Ho tentato di applicare a questa collezione un concetto del nostro tempo: il senso del cambiamento, la mutazione intesa come forza propulsiva della società» ha detto Miuccia poco prima di mandare in passerella i suoi incredibili modelli. Tutto partiva dai tessuti: i cosiddetti agugliati che sono sempre doppi, cominciano in un modo e finiscono in un altro, sopra piatti e sotto rigonfi, con le classiche fantasie maschili tipo principe di Galles o spina di pesce sapientemente confuse nella stessa trama. Le forme erano a prima vista semplici ma spesso mutuate da quella sublime scuola di eleganza che è l’alta moda femminile: cappotti a uovo e maniche rielaborate in molti capispalla sopra agli strettissimi pantaloni che mandano in pensione le braghe cascanti tipo cargo. Nei capi più eleganti c’era un vago sapore di sportswear. In quelli più rustici (dal maglione peloso al montone di peluche) si avvertiva una nota di dolcezza a metà strada tra il selvaggio e l’infantile del tutto simmetrica alla scelta dei colori: scurissimi oppure pastello, ma sempre sfumati tra loro. Dire che tutto era gradevole sarebbe troppo: il tutone peloso nero faceva venire in mente il costume del Gabibbo incrociato con la tuta di Diabolik. Ma non c’è modo più moderno di lavorare nella moda dell’incessante ricerca del nuovo che è la grande cifra stilistica di Prada.
Anche Cavalli ha dimostrato un coraggio da leone nell’abbandonare la sua immagine maschile selvaggia e sexy a favore di una sartorialità fuori da tutti gli schemi tranne quello della grande epopea rock. A dare il ritmo alla sfilata è infatti The soft parade dei Doors, che comincia con le note del clavicembalo per poi finire in un crescendo ipnotico di suoni dominati dalla voce di Jim Morrison. «È la passione di mio figlio Daniele che ha 20 anni e per la prima volta mi ha aiutato nel preparare la collezione» dice lo stilista. «Un ragazzo con l’anima rock e tanta voglia di pulizia» taglia corto Daniele poco prima di mandare in passerella gli smilzi cappottini British, i pantaloni attillatissimi con le cinture decorate dalle lavorazioni dei fucili da caccia inglesi e gli stessi stivaletti che da sempre porta il padre, perfino in vernice dai colori cangianti come la sua barca. Tutto il resto si gioca tra nero e blu, mentre Armani per il suo meraviglioso Emporio disegna un uomo nero che non fa paura ma anzi rassicura perché è elegante e tecnologico allo stesso tempo, sportivo e sexy senza esagerazione, grintoso ma non violento. «Un gran figo» chiosa lo stilista, mentre Antonio Marras e Tomas Mayer per Bottega Veneta prendono volutamente le distanze da quest’idea.

L’uomo di Marras è un maestro di scuola dei tempi andati, capace di mescolare tutto quel che gli capita a tiro con poetica ingenuità e un senso molto mascolino dello stile. Quello di Bottega è un personaggio ricco in tutti i sensi: di soldi per potersi permettere l’eccelsa qualità dei modelli, di gusto per capire la profonda eleganza del nulla addosso che diventa tutto.

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