Cronache

Il test che mette in crisi la tessera

Impazza in Regione il questionario che rivela le vere tendenze politiche dei consiglieri della Sala verde

Paola Setti

E poi dicono che i politici non lavorano abbastanza per quanto sono pagati. È una faticaccia perenne, invece. Provateci voi, ad autoanalizzarvi in continuazione, a pensar bianco e dover far nero solo perché lo dice il partito, a ritrovarvi in continuazione a pensare: «Ma che ci faccio io qui?». Ecco, sono in tanti a chiederselo. Così almeno dice un test che sta mettendo in crisi l’intera classe politica ligure. Nessuno vorrebbe farlo per paura di scoprire la verità, nessuno però riesce a resistere: www.voisietequi.it. Ma qui dove? Ovunque tranne dove sono, così pare. Regione Liguria, da tre giorni negli uffici di via Fieschi non si fa altro che rispondere a quelle 25 domande sui temi più presenti nei programmi elettorali e nei dibattiti politici, le affinità elettive ricavate in base a indicazioni ufficiali dei partiti e da circa mille fonti del progetto Openpolis. C’è chi ha rifatto il test più volte perché «il risultato non può essere questo», chi ha delegato una o più segretarie: «Me ne trovi per cortesia uno che mi dica quel che voglio sentirmi dire», chi esorcizza facendo spallucce, chi invece medita di cambiar partito, chi al test non si sottopone: «Sono impegnatissima con la campagna elettorale» dice Roberta Gasco dell’Udeur, c’è chi giura che si tratti invece della paura di risultar di destra. Si salvano in pochi e sono i più estremisti. Giacomo Conti il segretario di Rifondazione comunista per esempio secondo il test è nel posto giusto al momento giusto, proprio sopra al simbolo del Prc e vicino sia ai Comunisti italiani sia ai Verdi, certo peccato per quell’Italia dei valori che sbuca sulla mappa chissà perché. Idem come sopra per Carlo Vasconi dei Verdi, anche se c’è uno zero virgola uno di somiglianza più con il Prc che con il suo partito. Quasi salvo anche Gianni Plinio il capogruppo di An: il risultato dice che è del suo partito, ma che, e chi lo avrebbe mai detto sentendolo parlare in aula, tende verso l’Udc. Lui la mette così: «Sono di una destra molto attenta ai valori cattolici e sociali». Per tutti gli altri è crisi d’identità. Uno come Ubaldo Benvenuti per esempio, nell’immaginario collettivo «il diessino per eccellenza», ebbene no, è della Rosa nel pugno ed è più vicino a Pdci, Idv e Verdi che ai Ds. E uno come Gino Garibaldi poi, azzurro fra gli azzurri che invece è dell’Udeur, partito che sta al centro, va bene, ma al momento è schierato con il centrosinistra.
Il test identifica poi come in una radiografia gli ex democristiani, fortuna che loro se ne vantano. Luigi Morgillo il capogruppo di Forza Italia per dire lo ripete spesso: «Da vecchio democristiano....». E infatti lui non scontenta nessuno: è equidistante, anzi equivicino, da tutti i partiti del centrodestra, Forza Italia, An, Udc e Lega Nord, il perfetto mediatore. Dal canto suo, Claudio Gustavino il capogruppo della Margherita, che risulta Margherita ma con marcate tendenze Udeur, la butta sul filosofico: «Questo test mi ha aiutato a capire che esiste una trasversalità anche dentro di noi. Se uno sta ai fatti e non all’ideologia si scopre trasversale». Difficile dire se sia un fattore positivo, ma vabbé. Poi ci sono i casi che non sorprendono. Che dire di Nicola Abbundo? Da Forza Italia ha tentato il passaggio alla Margherita per poi assestarsi in pausa di riflessione nel gruppo Misto. Di se stesso ha l’immagine del moderato, forse l’autoanalisi lo porterà là dove non avrebbe pensato mai, visto che il test lo dice che è un convinto leghista. Fenomeno tutto da studiare poi quello degli arancioni della lista Biasotti. La sola cosa certa è che si son trovati: tutti infatti, Sandro Biasotti, Matteo Marcenaro e Gianni Macchiavello, risultano esattamente a metà fra An e Udc, vacci a capire, che Biasotti è da sempre biasottiano, Marcenaro era leghista e Macchiavello azzurro. E poi c’è l’uomo che ha sbagliato tutto: Tirreno Bianchi dei Comunisti italiani è tutto fuorché un Comunista italiano: Rosa nel pugno, Italia dei valori, Ds. Distante anche da Rifondazione e ci credo: è favorevole alla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, tendenzialmente favorevole a realizzare le grandi opere anche senza il consenso della popolazione, favorevole all’ingresso dei privati in Rai, tendenzialmente favorevole al reddito minimo garantito per chi non ha lavoro «ma solo se è a tempo». Insomma, non è un uomo di destra solo perché insiste: «Le tasse le devono pagare tutti e non vanno diminuite per nessuno». La domanda che il test non fa è la seguente: ma se non vanno d’accordo neppure con se stessi, come fanno ad andar d’accordo con colleghi di partito e alleati? Potenza della politica.

E delle poltrone.

Commenti