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Una testa da diva: è il ritorno del turbante

Torna il turbante. Rovistando nei mercatini di Londra e nei guardaroba delle dive d’altri tempi, il vintage riscopre uno dei capi d’abbigliamento più sofisticati e audaci della moda. Dimenticato in naftalina dagli anni Settanta, il copricapo ritorna in passerella, coloratissimo. Con Prada, H&M, La Coste. E, in versione vintage, con il recupero di pezzi originali. Impreziosito da pietre alla maharajah, abbellito da veli e trecce di stoffa orientaleggianti, decorato con piume.
Nel gioco del copia-incolla con il passato, tornano i modelli disegnati da Rocco Barocco, il turbante in lamé da sera creato da Lancetti, le versioni color pastello in spugna, quelle in stoffa sintetica. Ci si ispira al turbante rigorosamente bianco che Grace Kelly portava con il costume da bagno, agli eleganti copricapo di Isa Miranda, celebre attrice degli anni Cinquanta, e a Maria Callas. Fino ad arrivare, in una versione più eccentrica, a Wanda Osiris. La moda non può nemmeno dimenticare le immagini di Ava Gardner e il fascino di Liz Taylor.
Certo, ora il turbante viene riproposto in versione più easy. E sdrammatizzato. Si porta con i capelli sciolti, con i jeans e con gli orecchini pendenti. Come sempre il vintage si diverte con la moda. Senza però scimmiottarla. Gioca in un viaggio a ritroso nel tempo che mescola le novità e saltella qua e là nelle collezioni degli stilisti per abbinare le gonne a palloncino degli anni Ottanta assieme alle borse a frange anni Settanta. Gli abitini delle ragazze che si innamoravano con Peppino Di Capri in sottofondo assieme agli accessori vivaci e coloratissimi di Enrico Coveri. A visitare il «Fashion vintage show», al castello di Belgioioso, a Pavia, fino al 25 aprile, si scopre che i corsi e ricorsi della moda transitano sempre più nelle vetrine di oggi. Le borse con forme lunari, le super minigonne metallizzate, i coprispalle in pelliccia. Dei cartamodelli del passato si ripropongono, rivisitati e corretti, gli eccessi più bizzarri. Tornano tre colori su tutti: il giallo, il ciclamino e il rosso.
«Nessuno inventa nulla - spiega Katia Ferri Melzi d’Eril, docente di Comunicazione della moda all’università di Pavia e appassionata di vintage -. Gli stilisti scopiazzano tutto dal passato. Citano Coveri, Versace, Hermès. I tailleur vintage hanno interni speciali con il nome della persona che ha cucito il capo». Dalle confezioni di una volta arriva una bella lezione di stile alle produzioni made in Cina. «Un tempo le perline e le paillettes - continua - venivano cucite a mano, una per una. Oggi, se se ne stacca una da un vestito, vengono via tutte le altre, in un attimo».
Il vintage, però, non è solo abiti. A Belgioioso rivive nelle moto d’epoca, nelle Vespe color pastello, guidate da giovani impomatati con indosso polo e pullover in cotone fino, o nelle «ciopper» dei bulli in pelle.

E la ricerca del passato quest’anno si concentra sul Giappone, rivisitato attraverso la storia del kimono, e su tutto il linguaggio cifrato orientale, costituito da misure, materiali, colori e accessori con i quali comunicare età e classe sociale.

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