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Il teste anti Silvio: così ho sciolto bimbi nell’acido

nostro inviato a Palermo

Per avere un’idea di che tipetto sia Gaspare Spatuzza, il pentito che accusa Silvio Berlusconi d’essere l’ispiratore delle bombe del ’93, è illuminante leggere la trascrizione di un confronto all’americana fra lo stesso mafioso pentito e un mafioso che tale è rimasto, Cosimo Lo Nigro. Spatuzza ammette d’aver fatto i salti di gioia a vedere Giovanni Falcone saltare in aria a Capaci e Paolo Borsellino morire (anche per mano sua) in via D’Amelio. Rivela d’aver squagliato nell’acido bambini e cristiani adulti. D’aver ucciso preti. «Ma poi ho trovato Cristo» e, d’incanto, giura Spatuzza, ho trovato anche la forza di collaborare con lo Stato.
I due vengono messi uno di fronte all’altro il 10 settembre 2009 nel carcere romano di Rebibbia. Spatuzza si rivolge al «fratello Cosimo» ricordandogli il travaglio interiore che l’ha portato a pentirsi. «Sono state fatte scelte sbagliate, mostruose, oggi, perché ci siamo spinti al di là del nostro dovuto. Io ho sempre detto a tutti i magistrati che noi non siamo terroristi». Per Spatuzza lo «spingersi oltre il dovuto» non è rappresentato dalle stragi del ’92 ma solo da quelle del ’93. «Io ho gioito per Capaci perché quello rappresentava un nemico di Cosa nostra. Oggi me ne vergogno ma ho gioito per Capaci. Ho gioito anche per via d’Amelio, perché questo era un nemico nostro. Il nostro malessere inizia a pesare quando entriamo al di là del dovuto come criminalità organizzata denominata Cosa nostra. Quando entriamo su Firenze, nel momento in cui il nostro nemico non sono più le istituzioni come Stato, ma diviene le persone inermi, le persone comuni». Come la bimba rimasta uccisa dal tritolo in via dei Georgofili a Firenze di poco più giovane di Giuseppe Di Matteo, figlio del boss Santino di Altofonte, da lui sequestrato per 777 giorni, strangolato a mani nude nel 1996 e poi liquefatto dentro un bidone di acido corrosivo. O come il sacerdote don Pino Puglisi che, secondo una confidenza fatta da Spatuzza al cappellano del carcere di Ascoli, personalmente andò a fissare negli occhi sapendo che l’indomani, godendo, l’avrebbe finito come un cavallo zoppo. «Spatuzza mi disse – racconta a verbale don Massimiliano De Simone – che prima della sua uccisione volle andare a vederlo e ne ricorda il sorriso che ha poi rivisto prima che questi morisse».
Spatuzza chiede umilmente perdono. Invita Lo Nigro – che non lo degna di una risposta - a seguirlo nella redenzione. «Stiamo consegnando la nostra immagine alla storia, un’immagine di mostri. Io non so se in questi anni ha pensato la figura di Don Pino Puglisi, la figura di Giuseppe Di Matteo! Un bambino. Oggi dico una mostruosità. Un bambino. Io l’ho fatto, l’ho fatto insieme a lui (a Lo Nigro, ndr). Squagliare delle persone nell’acido. L’abbiamo fatto assieme. E so cosa significa squagliare un essere umano. Ma la mia mente non riusciva a concepire una mostruosità del genere, un bambino a 12 anni! Queste sono vigliaccate. Io non so quali sono le tue scelte, però ti invito a riflettere in te stesso: non dico di collaborare. È una questione personale. Non c’è motivo per arrivare a questo punto. Io ti posso...». Lo Nigro: «Finisci l’argomento, finisci il tuo argomento». E Spatuzza: «Stai parlando con un tuo fratello». Lo Nigro si morde le labbra. Lascia che il pentito passi a raccontare del giorno in cui, a Campofelice di Roccella, insieme protestarono col boss Giuseppe Graviano che si stavano facendo troppi morti inutili, ricevendo in risposta l’assicurazione che «era giusto così perché chi si doveva dare una smossa era bene che se la desse». Lo Nigro non si tiene. Sta per esplodere. Ed esplode: «Premesso che con Gaspare noi ci siamo voluti bene come fratelli ma io a Graviano l’ho conosciuto a Tolmezzo (in carcere, ndr) e mi ero dimenticato che c’eri anche tu a Tolmezzo che avevi avuto delle lamentele per colloqui, problemi, cose». Prima smentita: l’incontro in cui il boss Graviano disse, o avrebbe detto, certe cose sui morti delle stragi, non c’è stato mai a Campofelice. Secondo Lo Nigro, Spatuzza mente. «Quello che dici tu... ma sei sicuro di quello che dici?». Spatuzza biascica frasi incomprensibili. Lo Nigro lo stoppa: «Prima hai parlato tu, adesso parlo io. Premesso che io e i signori Graviano l’ho conosciuti in carcere (...

) ti dico, ma che stai facendo? Che stai facendo!». Spatuzza: «Non puoi dire che io sto mentendo». Lo Nigro: «Non di poco! (...) Ma che stai dicendo! Che stai facendo! Non mentire (...) Tutto mi potevo aspettare ma non che la tua persona uscisse pazza in questo modo!».

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