Le testimonianze degli occidentali: «Così ci hanno massacrati»

«Ragazzi giovani, sulla ventina, avevano fucili e pistole, volevano salire sul tetto dell’albergo». Con queste forme ieri sera si è materializzato davanti agli occhi dei clienti dell’Hotel Taj di Mumbai il terrore. Alberghi, sedi amministrative, la rete dei mezzi pubblici. Niente è stato risparmiato. La Maximum City indiana, la città più variegata dal punto di vista etnico e religioso nell’Unione, il porto dove approdano merci, turisti, profughi, ma anche armi e miliziani è diventata in pochi minuti teatro di quello che sembrerebbe quasi un film d’azione. Sparatorie, bombe, ostaggi. C’erano indiani. Centinaia. Ma anche turisti stranieri e uomini d’affari ad affollare le hall del Taj e dell’Oberoi, due luoghi simbolo. Magari aspettavano di andare a cena affacciati sul panorama mozzafiato della baia dove la sera vanno a passeggiare le famiglie indiane di ogni casta e le coppie di fidanzati.
Un italiano si è salvato per miracolo. «Sono uscito insieme a tre colleghi mezz’ora prima della sparatoria al Taj. Alloggiavamo lì, ma all’ultimo momento abbiamo cambiato programma e siamo andati a cena nell’albergo gemello della stessa catena. Ora la sicurezza ci ha vietato di uscire perché ogni straniero è un target nel mirino». Bhisham Mansukhani, un giornalista locale, stava partecipando a una festa di matrimonio nella sala Cristal dell’Oberoi. «Ero al bar a un certo punto i vetri si sono rotti in mille pezzi e li ho visti sfiorarmi gli occhi».
Fare finta di essere italiano ha salvato la vita a un cittadino britannico che era stato preso in ostaggio all’Oberoi. «Il mio amico indiano - racconta Alex Chamberlain - mi ha detto di non fare l’eroe e di dire che ero italiano e così mi hanno risparmiato». «Si sentiva sparare e c’era fumo dappertutto - continua -. Sono riuscito a fuggire, ho chiamato la mia ragazza e le ho detto che l’amavo pensando che fosse l’ultima volta che parlavo con qualcuno». «Questa è la brutta faccia del fondamentalismo islamico, per il linguaggio e l’acredine con cui quella gente ci ha chiesto se eravamo americani o britannici», ha commentato Chamberlain.
Tra i superstiti c’è chi lamenta le scarse misure di sicurezza nelle catene alberghiere: «Tutti gli hotel di lusso hanno all’ingresso il metal detector, ma è più una messa in scena che un reale strumento di sicurezza».


L’ispettore Habib Ansari, della stazione di polizia di Vikhroli, stava andando a lavoro dalla sua casa a Colaba quando ha visto «due uomini armati, con armi sofisticate, che andavano correndo verso l’entrata del Taj vicino alla Porta d’India». Habib è corso dai suoi colleghi, ha avvertito dei due sospetti. Ma a quel punto l’allarme rosso era già scattato. Era tardi. La città già bruciava.

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