Tfr all’Inps, il sindacato si spacca e i fondi pensione rischiano il flop

La Cgil superata a sinistra da Cisl e Uil. Ripamonti (Verdi): «Si affossa la previdenza complementare»

da Roma

Le misure sul Tfr sono una fonte di guai per Padoa-Schioppa. Da una parte gli industriali che, insieme a Mario Draghi, le reputano un prelievo forzoso ai danni delle imprese (sottrae loro risorse altrimenti destinate all’autofinanziamento). Dall’altra, i sindacati. L’operazione Tfr, però, consente di ridurre il deficit dello 0,4% del pil. Ne consegue che ogni intervento di correzione dovrà essere fatto (se verrà fatto) tenendo conto di questo particolare non secondario.
Cisl e Uil stanno alzando i toni della polemica non tanto perché, tecnicamente, il Tfr è «salario differito» del lavoratore dipendente; e la scelta del governo interviene su un «pezzo» di salario. Ma per capire serve una lettura più attenta delle norme della Finanziaria. La parte di Tfr che dovrebbe confluire nel Fondo gestito dall’Inps dovrebbe essere il 50% dell’«inoptato». Per «inoptato» si intende quella quota di Tfr accantonato dalle imprese che i lavoratori non hanno deciso come utilizzare: se dirottarlo nei fondi privati o se lasciarlo in azienda.
Il problema è che la legge Maroni-Tremonti sulle pensioni, ed i succcessivi decreti sulla creazione della previdenza integrativa, escludevano la presenza di Tfr «inoptato». In quanto veniva introdotto il principio del «silenzio-assenso».
I flussi di Tfr che il lavoratore non dirottava verso un fondo previdenziale di sua scelta finivano (in virtù del principio del «silenzio-assenso») nei fondi chiusi. Questi fondi chiusi potevano essere di categoria o aziendali. In entrambi i casi, a gestirli dovevano essere i sindacati. Quindi, la scelta del governo di intervenire sul Tfr sta creando problemi anche ai sindacati. Almeno a quelli in cui la componente di «cinghia di trasmissione» della politica è minore. Non a caso, alzano la voce Bonanni (Cisl) ed Angeletti (Uil): entrambi pronti a scendere in piazza pur di difendere le norme in vigore.
Chi tace sull’argomento, invece, è la Cgil. Dopo aver approvato in maniera incondizionata la legge finanziaria, Epifani non se la sente di correggere la valutazione. Così rischia di essere scavalcato a sinistra. Natale Ripamonti, vice presidente del gruppo Verdi-Pdci al Senato, ritiene che la norma sul Tfr «rischia di affossare la previdenza complementare in quanto non tiene conto - sottolinea - del silenzio-assenso previsto dall’attuale normativa».
Che il Tfr sia una misura sfortunata è dimostrato anche dall’ipotesi di limitarla alle aziende oltre i 40 dipendenti. In tal caso, subentrerebbe una bocciatura della Commissione europea.

In più, così com’è scritta, la norma prevede che l’Inps utilizzi il Fondo per finanziare infrastrutture, emettendo titoli. Il loro rendimento, però, sarebbe superiore a quello dei Bot o Cct; con la conseguenza - e qui la convinzione di Draghi che si tratta di un prestito - di un aumento del debito pubblico.

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