Leggi il settimanale

Tg1, ecco smascherata la fronda contro Minzolini Cdr: "Vigilate il direttore"

Documento autonomo del Cdr ai vertici Rai: "Vigilate sul direttore" La redazione sconfessa i sindacalisti: "Iniziativa non concordata". In 92 su 162 smentiscono i delegati: "Qui non esiste alcun tipo di disagio"

Tg1, ecco smascherata 
la fronda contro Minzolini 
Cdr: "Vigilate il direttore"

Roma - Si sa che l’eskimo in redazione dona che è una meraviglia ma Augusto Minzolini alla direzione del Tg1 ha l’effetto di un freezer aperto in Siberia: temperatura a livelli antartici e alcuni redattori a infilarsi il giubbotto della rivolta. Ma la maggioranza dei suoi giornalisti smaschera la finzione: macché grande freddo, il tepore è primaverile checché ne dicano i pasdaran del comitato di redazione, sindacato interno al telegiornale della rete ammiraglia.
L’ultimo caso scoppia lo scorso 26 febbraio quando la Cassazione dichiara prescritto il reato di corruzione contestato a David Mills. Il Tg1 commette un errore e nell’edizione delle 13.30 il titolo del servizio sul caso è «Mills assolto». È bufera: sul direttore più «sorvegliato speciale» della storia della Rai arrivano le prime palle di neve in faccia. Tutto sembra quietarsi nel giro di poche ore, tanto che il trio sindacale firma la tregua: «Il cdr prende atto con soddisfazione che nell’edizione delle 20 - si legge in una nota interna - è stato riportato correttamente che “la Cassazione ha annullato per prescrizione la condanna all’avvocato Mills”. Riparando così all’errore... che ha suscitato molte proteste da parte dei telespettatori».

Caso chiuso, quindi? Per nulla: perché non sbattere i pugni, per definizione chiusi, ancora più forte sul tavolo? Magari su quello più in alto del direttore generale e del presidente di Viale Mazzini? Detto fatto: curiosamente, a distanza di quattro giorni, la battaglia del cdr ricomincia, tanto più che il solito Ordine dei giornalisti del Lazio ha con solerzia «stigmatizzato l’episodio» e si è riservato «di adottare provvedimenti del caso». Qualcuno dall’esterno sobilla i sindacalisti. Il 4 marzo, quindi, parte una lettera indirizzata a Mauro Masi e a Paolo Garimberti per esprimere «preoccupazione» per la gestione dell’informazione sulla rete ammiraglia e per denunciare il «disagio» che si vive nel tg. Una sberla al direttore Minzolini, riportata immediatamente da Repubblica, gongolante nel dar conto della fronda antiminzoliniana. «Nella lettera il comitato chiede ai vertici della Rai - scrive il quotidiano di Ezio Mauro - di “vigilare” sull’informazione del Tg1 soprattutto in un periodo delicato come la campagna elettorale per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo».

Disagio, preoccupazione, vigilanza: mancano i richiami ai presidi antifascisti, al «bella ciao» e allo «Stato borghese che non si cambia, si abbatte» e saremmo al déjà vu, all’Italia in bianco e nero. Peccato, inoltre, che la lettera dei guardiani della rivoluzione spedita ai vertici di mamma Rai e a largo Focchetti non sia il frutto di un mandato della redazione, tenuta all’oscuro del cahier de doléance. Insomma, a patire così tanto freddo da indossare l’eskimo a marzo inoltrato sarebbero in pochi al Tg1. Sono i sacerdoti del sindacato che, come Savonarola, dicono alla redazione: attenti, vi teniamo d’occhio. Non sgarrate dalla linea del Cdr.

Così, parte l’iniziativa di un gruppo di giornalisti, giustamente in maniche di camicia: «Al Tg1 non c’è nessun disagio - scrivono in un documento -. Non è accettabile che si rappresenti al vertice aziendale questo stato d’animo... diventata perfino necessità di “vigilanza” dell’operato del direttore e di tutta la redazione». Non solo: «Nozione, quella di vigilanza, che stupisce e preoccupa perché evoca concezioni totalitarie». Poi, un consiglio agli ultras: «Invitiamo il Cdr a coinvolgere l’intera redazione prima di intraprendere iniziative così impegnative, arbitrarie e delicate che rischiano di danneggiare il lavoro di tutti». Insomma, i descamisados non se la sentono proprio di infilarsi il cappotto gucciniano. In poche ore siglano il documento 92 giornalisti su 162, precari inclusi: una larga maggioranza, il 57 per cento. Tra questi, Franco Di Mare, Marco Frittella, Gianni Maritati, Filippo Gaudenzi, Monica Maggioni, Mauro Maurizi, Emma D’Aquino e altri. Di fatto un altolà alla triade sindacale che non la prende bene e rilancia le accuse, proprio sui precari, arruolando Carlo Verna: il segretario Usigrai, sorta di Masaniello convinto che «l’Italia stia oggi vivendo uno dei momenti più bui per la libertà di stampa». È lui a sparacchiare: «Se sono stati giornalisti di livello apicale a sollecitare firme di dissenso verso il cdr ai precari, sono state indubbiamente violate norme dello Statuto dei lavoratori e se ci sono state intimidazioni... pretenderemo le adeguate sanzioni».

Immediata la risposta del direttore Minzolini: «Ritorsione contro i precari? Una cosa che non ha senso, anche perché a quei colleghi avevo personalmente comunicato l’assunzione il giorno precedente per le nuove iniziative web che, tra l’altro, il cdr invece osteggia. Sono indignato».

Anche Luigi Monfredi, uno degli estensori del documento, risponde a Verna: «Dovrebbe fare più attenzione quando lancia anatemi dal sapore intimidatorio, minacciando l’azienda di sanzioni provenienti chissà da dove, se non ha le prove di quello che dice». È lotta continua.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica