Il Tg3 si confonde e fa vincere l’Unione Poi la Rai oscura i fischi al dissidente

Il cronista parlamentare «dimentica» le astensioni. Sparite le immagini della protesta

Il Tg3 si confonde e fa vincere l’Unione Poi la Rai oscura i fischi al dissidente

da Roma

Massimo D’Alema e le sue buone intenzioni di continuità neo-atlantica si schiantano contro il muro della sinistra radicale. Il boato di esultanza del centrodestra è simile a quello di una curva da stadio. E il numero uno di Palazzo Madama, data lettura dell’esito della votazione, annuncia: «Il Senato non approva». La formula usata da Franco Marini, apparentemente, non potrebbe essere più inequivocabile. Ma gli infortuni giornalistici sono sempre in agguato. E il Tg3 inciampa in quello che è forse un «wishful thinking» della redazione più apertamente schierata a sinistra tra le testate Rai, dimenticando, in prima battuta, di annunciare con chiarezza il clamoroso scivolone del governo Prodi.
L’episodio avviene nell’edizione delle 14,20. C’è un primo collegamento con il corrispondente parlamentare Roberto Toppetta che annuncia che da lì a poco si svolgeranno le votazioni. Partono due servizi sulla giornata più lunga dell’Unione, con Anna Finocchiaro che, in una dichiarazione intempestiva, saluta la ritrovata «solidità e comunanza» della coalizione. Scorrono le altre notizie quando Toppetta torna a chiedere la linea. «Il voto si è appena concluso» annuncia. «La mozione del governo ha incassato 158 voti favorevoli e 136 contrari. Approvata anche la mozione presentata da Andreotti».
La linea torna allo studio mentre la conduttrice è al telefono. Dalla regia le stanno comunicando con toni concitati che non è stato detto con chiarezza che il governo è andato sotto. Floriana Bertelli, allora, annuncia, sul filo di lana, che l’Unione è stata sconfitta. La dimenticanza di Toppetta, costretto in studio dalla diretta e impossibilitato a seguire dal vivo i lavori, in realtà ha una genesi molto semplice ed è legata al regolamento del Senato, diverso da quello della Camera. A Palazzo Madama l’astensione equivale a un voto contrario. E quindi la dizione, apparentemente corretta, di «158 voti favorevoli e 136 contrari» non contempla i 24 astenuti che portano a 160 il computo dei contrari effettivi. In precedenza nella diretta di Rai Parlamento era avvenuto un altro piccolo infortunio.

Al momento della dichiarazione di voto di Fernando Rossi era stata tolta la linea all’aula. Un ottimo modo per «lisciare» la scena clou della giornata: quella del senatore Pdci sommerso dai fischi a causa dell’annuncio della sua astensione.

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