l pensiero va allo tsunami del 26 dicembre 2004. Anche allora, sulle spiagge fatate della Thailandia, l'idolo delle vacanze esotiche al quale è diventato obbligatorio sacrificare pretese le sue vittime. Allora fu uno spaventoso cataclisma. Oggi è «solo» un incidente aereo, e il numero delle vittime certamente è più modesto. Ma le analogie, il destino crudele che ancora si accanisce su un pugno di uomini, di donne, di bambini venuti a cercare sole, mare, e spiagge meravigliose, sgomentano.
I morti, stavolta, sono 87, e 43 i feriti. Teatro della sciagura Phuket, la più celebrata delle isole delle vacanze, meta ogni anno di migliaia di italiani. Ce n'erano, di nostri connazionali, sul volo low cost della One-Two-Go schiantatosi ieri mattina, in fase di atterraggio? Pare di no, stando al nostro console onorario laggiù, ma le verifiche, da parte delle autorità thailandesi e della Farnesina, sono ancora in corso. Di certo si sa che una buona metà dei 130 passeggeri imbarcati sull'aereo che era decollato da Bangkok erano europei. Tra i sopravvissuti, secondo fonti mediche dell'ospedale di Phuket ci sono britannici, francesi, australiani, thailandesi, irlandesi e iraniani. Non italiani, anche se sulle prime si era diffusa la voce che un passeggero, nonostante il nome di origine thai, avesse passaporto italiano. Non resta che incrociare le dita, mentre chi ha un congiunto in vacanza in Thailandia, e non è riuscito nelle ultime ore a mettersi in contatto con lui, come fu al tempo dello tsunami, vive ore di angoscia.
La pioggia. Dicono che è stata colpa della pioggia, che ieri mattina squassava l'isola da nord a sud. Ma forse è stata solo una concausa. Un passeggero thailandese, sopravvissuto insieme con la moglie, ha raccontato che anche la velocità di approccio del velivolo (un MD 82) alla pista gli è parsa decisamente inconsueta. «Sì, andava troppo veloce - ha raccontato Nong Khanoual -. Una velocità che a me è parsa francamente inconsueta, trattandosi dell'ultima fase di atterraggio. C'era una barriera d'acqua, guardando fuori dal finestrino si vedeva solo una barriera grigia; e questo forse ha impedito ai piloti di valutare correttamente la vicinanza della pista. Quando abbiamo toccato terra ho sentito i motori imballarsi, come se il pilota avesse cercato disperatamente di riprendere quota, ma è stato inutile».
Nong Khanoual e la moglie si sono salvati perché erano seduti in fondo, verso la coda dell'aereo, dove le conseguenze dell'impatto sono state meno severe. I piloti vi hanno avvisato dell'eventualità di un atterraggio difficile? gli è stato chiesto: «No, niente di niente. Secondo me non non hanno avuto il tempo di capire».
Dopo aver urtato con violenza la pista, l'aereo è schizzato via lateralmente andando a schiantarsi contro una banchina e un gruppo di alberi. La fusoliera si è spezzata in due tronconi ed ha preso fuoco nel giro di pochi istanti. Chi era seduto nelle prime file, e non è morto sul colpo nell'impatto, è morto una manciata di secondo più tardi, quando le fiamme e il fumo sono penetrate all'interno della cabina. Quelle immagini tremende si sono fissate per sempre nella retina di mister Khanoual, che pur avendo rimediato una frattura alla spalla destra è riuscito a trascinarsi fuori dall'aereo stringendo a sé la moglie, che nell'impatto aveva perso conoscenza. «C'era uno che bruciava dietro di me... ma nessuno ha potuto far nulla per lui», ha raccontato il testimone, secondo il quale molti dei sopravvissuti si sono fatti male lanciandosi fuori dall'aereo prima che a qualcuno venisse in mente di azionare le scale d'emergenza.
La pioggia, l'aereo che «pattina», lo schianto finale.
Una dinamica che ricorda quella della strage di San Paolo, in Brasile (200 morti) quando il 17 luglio scorso un Airbus A320 della brasiliana Tam si schiantò contro due edifici dell'aeroporto. Anche in quell'occasione, raccontarono i testimoni della torre di controllo, l'aereo scivolò sulla pista; e anche quella volta il pilota tentò disperatamente di «riattaccare». Inutilmente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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