Un thriller giudiziario in redingote e crinolina

Le «False confidenze» di Marivaux non si addicono a Toni Servillo

Enrico Groppali

Capita di avanzare gravi riserve su uno spettacolo dove ogni cosa è al suo posto, gli elementi scenici obbediscono all'aurea regola della semplicità, le luci sono adeguate e gli interpreti, come diceva Renato Simoni «si sono egregiamente calati nei loro ruoli». Si dirà che siamo incontentabili. Eppure non è così. Perché ogni volta che si mette in scena un testo di quel grande che fu e rimane Pierre Carlet de Chamblain detto Marivaux, le cose si complicano. Infatti il nostro autore che muore trent'anni prima della Rivoluzione mette in scena, sotto il frivolo apparato del gioco da salotto e del piacere insieme insidioso e tagliente della conversazione galante, l'intero mondo delle convenzioni sociali.
La regola che sostiene una classe nell'ambito delle sue funzioni esce a pezzi da questi dialoghi che solo in superficie sembrano scintillanti e vacui. È quel che accade nelle False confidenze dove la sospirata unione tra la ricca vedova Araminte e il fascinoso ma squattrinato Dorante viene gestita dall’intrigante servo Dubois. Fino all'attimo precedente la prevista conclusione dell'affare col deus ex machina che si frega le mani, Marivaux conduce la vicenda come in un thriller giudiziario dove gli sposi promessi sono i rei confessi. La disperata amarezza che s'intravvede dietro gli spigoli delle battute e che trapela dietro le sortite di questi personaggi in redingote e crinolina, nello spettacolo di Servillo non c'è.
A differenza di Pagliaro e Sciaccaluga che l'hanno preceduto giostrando con mano felice tra i distici di questo capolavoro, il regista punta le sue carte sull'intrigo fine a se stesso. Compiendo sul corpus di Marivaux, la stessa operazione di svuotamenti che gli era riuscita bene con Eduardo. Senza accorgersi che in Sabato, domenica e lunedì aveva a che fare con delle figurine da presepe partenopeo mentre qui si mette persino alla berlina il glossario della nostra Commedia dell'Arte.

Spiace per gli attori, formalmente perfetti a cominciare da Anna Bonaiuto che ci dà di Araminte un ritratto in chiave di moderna nevrosi ma, tanto per fare un ultimo appunto, ci ha pensato o no Servillo che uno dei servi si chiama Arlecchino?

LE FALSE CONFIDENZE - di Marivaux Regia di Toni Servillo, con Anna Bonaiuto. Piccolo Teatro di Milano, al Teatro Studio fino al 6 febbraio.

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