Cultura e Spettacoli

Ti ricordi gli anni ’20? Un amarcord al sapore d’assenzio

A Castrocaro Terme: aperitivi futuristi, le burle di Palazzeschi, cene autarchiche e gli swing del Trio Lescano...

da Castrocaro Terme

A Castrocaro Terme, tra i platani e

il profumo di zolfo che impregna persino le lampade art déco del Grand Hotel Terme, soffia, mentre comincia l’autunno, la poesia di una certa nostalgia. Mentre sulle colline argillose circostanti manca poco alla vendemmia, al Grand Hotel, si sono passati tre giorni, dal 16 al 18 settembre scorso, «Sfogliando gli Anni Venti», come da titolo di una rassegna che ha per tema la cultura, la moda e il divertimento di 80 anni fa, ospitata dal complesso costruito a metà degli anni Trenta. Il filo dei ricordi, della moda e della cultura, con le raffinatezze lascive, decadenti e autarchiche di tanti anni fa, che riprendono vita tra i saloni dell’albergo, si è giocato in questa edizione sull’antitesi di ammesso e proibito. Il rigore lineare del consentito e il fascino inevitabile di quel che non si poteva fare, punteggiano i quadri di una scena che si alternano sul palcoscenico del complesso monumentale e discreto delle Terme di Castrocaro. In basso scorre il Montone, in alto sul declivio dolce del nucleo antico del paese c’è una rocca maestosa anche se in rovina. Nella storia spessa di Castrocaro c’è la Divina Commedia coi suoi conti maledetti nel Purgatorio da Guido del Duca, c’è la Firenze del Quattrocento, i fanghi estratti dalle melme del bacino della Bolga utilizzati per le cure, e nel 1938 l’inaugurazione dello Stabilimento Centrale fatta da Mussolini, giacca nera e pantaloni bianchi, coi dottori in camice bianco, i gerarchi e i bambini. La mostra fotografica che ricorda questo evento, accanto a quella delle radio d’epoca, è nel corridoio altissimo che conduce al grande salone delle feste dove si mangia e si suona con gli orchestrali in nero e i camerieri in bianco; corridoio che conduce anche alla sala verde, dove si pranza più tranquilli o si fa colazione sul tardi, qui dove ebbero luogo le riunioni preparatorie alla formazione del governo della Repubblica Sociale. Lui quella volta non c’era, però occhieggiava dappertutto come oggi, dal logo che è ancora simbolo degli stabilimenti termali: da una cornucopia verticale escono due rivoli simmetrici d’acqua che compongono una Emme déco, elegante e ovviamente maiuscola. L’aperitivo viene servito tra la lettura del Manifesto del Futurismo, le burle di Aldo Palazzeschi, il pianoforte che parla d’amore a Mariù, la colonna sonora degli uomini che impersonati da Vittorio De Sica fanno i mascalzoni nel film di Camerini e Soldati. Si beve l’assenzio, vietato, che dà subito alla testa e cancella ogni altro sapore, ogni pensiero e trasfigura la mostra incredibile e futurista delle macchine da caffè, alloggiata nel salone circolare: piccoli monumenti razionalisti. Alle 5 le canzonettiste affrontano Amatola e Creola e un’aureola bruna avvolge gli ospiti mentre si serve il tè che sarebbe piaciuto a Lui, ruvido e forte con note di orzo italiano. L’ha ideato Salvatore Pellegrino, presidente del Museo del Tè di Raddusa, in Sicilia, e l’ha chiamato proprio «Tè di Mussolini», realizzando con miscele di quel che fu l’Impero e il languore del pepe rosa, una bevanda quanto più possibile vicina al tè nero che fu commercializzato allora. Le musiche indugiano sugli swing nostrani del Trio Lescano, mentre è già il momento della pasticceria. Vengono serviti cioccolatini futuristi di cioccolato bianco ripieni di violette e pasticceria vivente: una fanciulla col cappello e il corpetto di zucchero viola che non si riesce ad assaggiare. La sera si alternano spettacoli di teatro e concerti. Per la cena autarchica del venerdì, la scena è occupata dalle parole di Irene Brin, la giornalista dal molto più italico nome di Maria Rossi che fu così ribattezzata da Leo Longanesi; da Maramao perché sei morto e dalla sambuca nera. Il sabato la cena di gala è veramente proibita: esclusivamente cucina francese, addobbi e nudità. Le candele illuminano però vini rigorosamente romagnoli e l’orchestra alterna a forza di fiati Alberto Rabagliati e il proibitissimo Glenn Miller. «Sfogliando gli anni Venti», avvalendosi del palcoscenico naturale del Grand Hotel, intatto persino negli infissi e nelle maniglie delle porte, consente di ricondurre lo sguardo su di un’epoca le cui vicende posteriori hanno spesso cancellato la cultura e le abitudini di un periodo di fervore inconsueto e dimenticato. Iniettando potenti dosi di poesia al posto della nostalgia, la rassegna ha permesso di recuperare un universo sentimentale ed estetico semplice e stravagante, romagnolo e internazionale, lontano e vicino, forse solo perché vecchio e non ancora antico. L’atmosfera veridica di quell’Italia che aveva stabilito di divenire una grande potenza, e si affacciava con gli occhi spalancati sul bel mondo internazionale recando sulle sue braccia robuste di rurale il proprio inesauribile campionario di inventiva lirica e industriale.

A Castrocaro Terme, ogni autunno, si può comodamente ritrovare l’epoca di quegli italiani che lottarono a colpi di genio contro il denaro che scarseggiava per decorare con eleganza l’Italia e la propria vita quotidiana.

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