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La Tigre non azzanna Manassero

Us Open di golf: il 16enne veronese gioca alla pari con Woods e chiude tra i primi quarantaentrando nella storia dei Masters

La Tigre non azzanna Manassero

Matteo Manassero porta il grande golf in Italia. La sua prima volta ai Masters di Augusta ha rivelato al mondo che in Italia c’è un ragazzo di 16 anni così bravo non solo da poter giocare nello stesso torneo in cui gioca Tiger Woods, ma anche di riuscire a stare in gara con lui fino alla fine. Se non proprio al suo livello, quasi: Tiger Woods tra i primi dieci al mondo, Matteo Manassero tra i primi quaranta. Con la grande differenza che Woods, dall’alto della sua esperienza e dal basso del suo passato (recente), di anni ne ha 34, più del doppio del giovane azzurro, che ha solo futuro davanti a sé. È questo il responso dei Masters di Augusta, in Georgia, uno dei tornei di golf più attesi e seguiti d’America: Matteo Manassero, 16 anni (ne compirà 17 il prossimo 19 aprile) è diventato una delle rivelazioni del golf internazionale.

Sugli stessi campi che hanno visto il ritorno all’attività agonistica di Tiger Woods dopo lo scandalo coniugale che lo ha travolto, Manassero ha stabilito due record: il primo giorno è diventato il più giovane giocatore di sempre a prendere parte ai Masters di Augusta; l’ultimo giorno, chiudendo il quarto e ultimo round in un 72 colpi e - con il 37° posto - ha segnato definitivamente il suo nome nella classifica dei Masters. Il regolamento del torneo prevede che all’ultimo giorno possano prendere parte alla gara solo 48 giocatori. Matteo Manassero è stato uno di loro, così come Francesco Molinari, che come lui è riuscito a stare in gara fino alla fine, chiudendo in 31ª posizione con 291 colpi totali, contro i 292 di Manassero. In quello che è stato, indubitabilmente, il torneo di Woods, la nota italiana ha portato aria nuova nel mondo del golf, quantomeno per i colori azzurri.

Gli appassionati americani hanno applaudito con calore i colpi del più giovane golfista mai visto ai Masters. Poi, però, si sono ammassati per «vivisezionare» i colpi di Tiger Woods. Ogni suo eagle, ogni suo birdie, ogni suo par è stato ripreso e passato con l’attenzione che in Italia viene riservata ai gol della moviola. Ma al giudizio della moviola americana non è stato passato solo il golfista, ma anche il «personaggio». Ogni suo gesto, ogni sua smorfia, ogni sua parola sono stati calibrati e soppesati in analisi e dibattiti in cerca di possibili dietrologie, allusioni, doppi sensi. Lui, che prima del torneo aveva promesso di essere una persona nuova per rimanere fedele per sempre ai suoi nuovi imperativi morali di serietà e rinascita, d’ora in poi non potrà che recitare la parte fino in fondo.

L’America, diffidente, puritana e conformista come è, ad Augusta lo ha scrutato fino in fondo, e continuerà a farlo, per capire se il personaggio continui ad essere coerente con le promesse oppure se torni ad affacciarsi anche solo l’ombra di una bugia.

Se mai dovesse succedere Tiger Woods è finito, e lui lo sa.

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