Le «tigri» impazzano nei giardini di via Fabrizi

Le «tigri» impazzano nei giardini di via Fabrizi

Nel mondo del giornalismo, ci sono colleghi che sono felici quando hanno fatto il titolo uguale a quello degli altri quotidiani. Gente pronta ad infervorarsi se un altro giornale ha una virgola in più o in meno, uno schizzo di sangue in più o in meno del proprio. Solitamente è anche gente che vive male, un po’ frustrata.
Per quanto ci riguarda, noi del Giornale di Genova e della Liguria siamo contenti quando il nostro titolo è diverso da quello degli altri. È qualcosa di cui sono orgoglioso, ai limiti del tronfio. Anche perchè capita in un panorama in cui, comunque, l’informazione è tutt’altro che messa male. Anzi, a mio parere, il panorama dell’informazione genovese è ottimo e abbondante: Il Secolo XIX, con Lanfranco Vaccari è approdato nel paradiso del «quasi bipartisan»; Il Lavoro, cronaca ligure di Repubblica, riesce sempre più spesso a smarcarsi dagli schemi obbligati e Franco Manzitti è diventato uno dei più severi censori di alcuni dei protagonisti del centrosinistra locale; Il corriere mercantile-Gazzetta del lunedì ha in Mimmo Angeli un ottimo padre-padrone che garantisce sul dna dei suoi cronisti. Insomma, riuscire ad essere i migliori e soprattutto a migliorarsi ogni giorno in un quadro così nobile è, inevitabilmente, qualcosa che inorgoglisce.
Certo, a volte, siamo svantaggiati dagli orari: quest’estate, ad esempio, per raggiungervi anche in vacanza abbiamo orari più rigidi e ci scusiamo se non sempre riusciamo a dare tutte le notizie della sera. Ma gli altri giornali ci aiutano ad essere comunque unici. Perchè anche i campioni di cui dicevamo prima, magari si distraggono e ci lasciano campo libero. In ogni settore: ma è mai possibile che, mentre tutti si occupano di via Prè, solo il Giornale - in tandem con il capogruppo di An in Regione Liguria Gianni Plinio, infaticabile censore di ogni scandalo - scopre che le telecamere per strada volute dalla giunta Biasotti, garanzia di sicurezza, sono state sostituite da chiacchiere, corsi di «educazione alla legalità» ed amenità varie, fra cui un finanziamento ad un’associazione di trans? Oppure, la battaglia per la memoria di Ferraro. È doverosa, ma la facciamo solo noi.
Potremmo continuare con pagine e pagine di esempi. Ma, come i lettori liguri sanno, proviamo ad usare lo sport come cartina di tornasole di cosa sono questa città e questa regione. In questo caso, del conformismo che troppo spesso regna sui giornali. E, come spesso accade, a beneficiarne particolarmente è la Sampdoria. Il Genoa, un po’ perchè Preziosi ce ne mette spesso del suo, un po’ per tradizione, è trattato con meno riguardi. Il Doria, un po’ per gli ottimi risultati degli ultimi anni, un po’ per tradizione, è raccontato dai giornali con guanti dialettici bianchi.
Quando sono meritati, per carità. Quanno ce vò, ce vò. Ma quest’estate ci è toccato sorbirci l’elogio della società blucerchiata per aver acquistato Vieri, poi l’elogio della società per aver capito che era meglio non acquistare Vieri, quindi l’elogio della società per aver riaperto le porte a Vieri dimostrando la virtù cristiana del perdono e infine l’elogio della società per aver dimostrato durezza con Vieri ed averlo allontanato, come una mela marcia per non guastare lo spogliatoio. Tutto vero, tutto scritto, tutto certificato.
Oppure, la convocazione di cinque doriani in Nazionale. Certo che è una bella notizia, un motivo d’orgoglio per la città. Ma, a questo punto, sarebbe stato bello fermarsi qui. Magari ricordando che dei quattro blucerchiati convocati da Marcello Lippi per il suo disastroso esordio in azzurro solo Diana aveva poi rivisto la maglia della Nazionale. Oppure, marcando l’accento che una squadra azzurra con un solo campione del mondo convocato, peraltro il terzo portiere, e solo due giocatori di Milan-Inter-Juve-Roma, magari non era una Nazionale verissima. O, magari, ricordare che Delvecchio, definito «una scommessa di Novellino», è lo stesso giocatore rimasto solo una settimana lo scorso anno e mettere nero su bianco che Zenoni, Falcone, Terlizzi e Palombo non sono Grosso, Cannavaro, Nesta e Pirlo.

E che è ben difficile che restino in azzurro. Ma non abbiamo letto nessuna di queste cose. Ed è qualcosa che fa male, ai tifosi presi in giro prima di tutti.
Ecco, se l’informazione a Genova funziona così sullo sport, figurarsi sulle cose serie.

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