Dalla Tirreno a Sanremo «Voglio battere Zapatero»

Per un lungo periodo è stato semplicemente «Zapatero», uno dei pochi «spagnoli» ad aver pagato caro per l’«affaire Puerto». Uno spagnolo d’Italia, visto che Michele Scarponi, 29 enne marchigiano, vincitore della Tirreno-Adriatico, per i suoi aficionados è più semplicemente l’«Aquila di Filottrano». Per un lungo periodo è stato purtroppo solo e soltanto «Zapatero», il nome decrittato dalle sacche di sangue rinvenute nel laboratorio del dottor Fuentes, il ginecologo delle Canarie al centro di tutta l’inchiesta denominata «Operacion Puerto».
Nel 2006 Scarponi era un giovane di belle speranze che correva per una squadra spagnola, la Liberty Seguros di Manolo Saiz. Scarponi era compagno di squadra di Alberto Contador, ma anche di Gian Paolo Caruso, altro italiano di Spagna, altro italiano al pari di Ivan Basso e Michele Scarponi, ad aver pagato per il suo legame con il dottore degli scandali.
Tutti e tre sono tornati a correre. «Birillo» è tornato ad essere Basso, «Zapatero» è tornato ad essere Scarponi. «L’importante è essere tornato ­ ci dice soddisfatto come pochi -. Non ho mai pensato di smettere con il ciclismo, ma non vi nascondo che di momenti brutti ne ho passati davvero parecchi. Il più brutto? Maggio 2007. Andavo davvero forte: nono alla Tirreno, secondo al Trentino, primo alla Coppi&Bartali. Mi fermarono».
È tra i pochissimi ad aver pagato, l’unico tesserato di Spagna, perché italiano. «Non dico nulla: ho sbagliato, ho pagato, la magistratura italiana ha fatto il proprio mestiere, io ho pensato solo a non colare a picco». Gli chiediamo: cosa ti dispiace di più? «Aver gettato alle ortiche due anni di agonismo, ma sento di poter recuperare il tempo perso». Intanto si è portato a casa la Tirreno-Adriatico, viatico verso Sanremo: «La corsa più importante della mia carriera. Sono felice, soprattutto sereno».
E domani? «Domani vedo favorito Bennati tra i velocisti e l’eterno Rebellin, mio compagno di squadra, tra gli attaccanti. Ma io sto bene, pedalo alla grande. La Diquigiovanni (la sua squadra, ndr) dispone di tre punte: Rebellin, il giovane Ginanni e il sottoscritto. Anzi, io sono un trequartista: posso fare l¹assist vincente come andare in rete. Speriamo solo di avere un pizzico di fortuna: l’ho corsa una volta sola, nel 2005. Sono caduto, come un pollo». E per il Giro d’Italia? In fondo è una Tirreno moltiplicato per tre «Io parto come spalla di Gibo Simoni, il nostro uomo di esperienza.

Però oggi mi sento più sicuro e consapevole della mia forza: mi farò in tre per fare bene anche al Giro».
Il ciclismo ritrova un nuovo personaggio? «Sono un giovane vecchio, cresciuto parecchio negli ultimi due anni. Certe cose segnano e insegnano. Voi segnatevi il mio cognome». Scarponi, «Zapatero» non c’è più.

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