Si comincia dalla certezza che «ogni vista è interpretazione». E se per Platone limmagine era apparenza, dunque inganno, oggi invece, nella civiltà dellapparire, «la cecità è considerata una catastrofe, la peggiore delle infermità». Così tutto è visione anche a costo di diventare soltanto apparenza, e allora ci sono gli sguardi del desiderio e quelli che indagano; cè il linguaggio dei colori e latavica differenza, etica e finanche ontologica, tra luce e tenebre. Si continua con ludito, i luoghi del silenzio e quelli della parola, il rumore che isola e il silenzio che unisce, oppure la parola che spalanca e il tacere che chiude; Mozart e il chiasso; il Verbo e il Silenzio di Dio.
Poi si giunge alla pelle, che è il limite oltre il quale non si può e non di deve andare e laccesso che spalanca allaltro; la protezione e lapertura, si è nemici per la pelle così come lamore è un mistero che si legge sulla pelle dellamata. E se è certo che «le cose che non si possono toccare sono irreali», è altrettanto vero che «il contatto non può essere in assoluto il banco di prova della verità»: Isacco scambiò al tatto Giacobbe per Esaù, ma nessuno come Michelangelo seppe raffigurare la vicinanza tra uomo e Dio meglio di quel dito divino che tocca Adamo per regalargli la vita.
Quindi cè lodore di santità, come quello che emanano, anche dopo anni, i cadaveri di alcuni beati; poi cè lodore del nemico, e non è un caso che per i latini da odor a odium il passo era breve, lo hanno compiuto tanti razzisti, negli Stati Uniti, nei confronti dei neri, e ancor più antisemiti in tutto il mondo.
Infine si arriva ai sapori. Non solo quelli degli alimenti, dallacqua, falsamente considerata insipida e invece piena di infinite gradazioni, ai cento diversi sapori delle pere, già catalogate prima della Rivoluzione francese, quaranta dal solo Plinio, che a sua volta aveva definito tredici generi di sapori, dal dolce al salato. Ma non sono solo i cibi ad avere sapori: non cè bisogno di arrivare alla Controriforma e a Francesco di Sales per cogliere le affinità tra i piaceri carnali e quelli della gola.
Con Il sapore del mondo (Raffaello Cortina editore, pag. 494, euro 32), David Le Breton ha scritto unantropologia dei sensi, come promette il sottotitolo, ma anche qualcosa di più: un affascinante viaggio storico e letterario in quel mondo a volte esaltato, più spesso denigrato, quasi sempre ignorato che è luniverso dei cinque sensi. Perché «di fronte al mondo, luomo non è mai un occhio, un orecchio, una mano, una bocca o un naso, ma uno sguardo, un ascolto, un tocco, un modo di assaporare o annusare, insomma, unattività». E uninterpretazione che spesso differisce da un soggetto, da unepoca, da un Paese allaltro per i motivi più disparati che Le Breton racconta con la sapienza dello studioso.
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