Cronaca locale

La toga del giudice? Rammendata dalle detenute

Dopo gli anni del Covid è tornata attiva la collaborazione tra la sezione milanese dell'Associazione nazionale magistrati e la Cooperativa sociale Alice, che promuove la Sartoria San Vittore

La toga del giudice? Rammendata dalle detenute

«Servizio riparazione toghe, tutti i mercoledì dalle 10 alle 13»: a Palazzo di giustizia le toghe dei magistrati le rammendano le detenute di San Vittore. Dopo gli anni del Covid è tornata attiva la collaborazione tra la sezione milanese dell'Associazione nazionale magistrati e la Cooperativa sociale Alice, che promuove la Sartoria San Vittore.

Il mercoledì nella sala dell'Anm al primo piano, intitolata a Emilio Alessandrini e Guido Galli, una volontaria raccoglie le toghe da riparare di magistrati e avvocati e le riporta sistemate la settimana successiva. In attesa che come avveniva prima della pandemia torni a Palazzo una sarta per i rammendi urgenti di chi prima dell'udienza si accorge di avere uno strappo o un orlo scucito e di non potere entrare in aula.

I lavori vengono fatti dalle detenute di San Vittore o direttamente dentro il carcere oppure in un laboratorio esterno, dove lavora una decina di donne in regime di semi libertà e ai domiciliari. La sartoria del carcere realizza anche toghe nuove su misura, i prezzi seguono un preciso listino. Una veste completa in lana merino 100 per cento, con «dettagli su mantella e bordo manica in velluto o raso come da normativa», si legge nella presentazione, costa 330 euro più Iva. Disponibili anche gli accessori, come cordoniere dorate e argentate, bavaglini in cotone e pizzo, sacche e custodie porta toga in nylon anti pioggia. «Quest'anno - sottolinea orgogliosa Marina, volontaria della Cooperativa Alice - abbiamo realizzato anche quella rossa per le occasioni solenni indossata dal presidente della Corte d'appello Giuseppe Ondei all'inaugurazione dell'Anno giudiziario (nella foto, al centro del gruppo)».

Non è facile trovare sarti che realizzino o riparino le toghe, che devono rispettare specifiche regole di fattura stabilite addirittura da un regio decreto. Le sarte detenute quindi forniscono un servizio molto ricercato dagli addetti ai lavori. E i giudici e gli avvocati che si rivolgono alla sartoria del carcere sostengono così il progetto di inserimento nel mondo del lavoro. Uno scambio che fa tutti contenti, al di qua e al di là dello steccato della giustizia.

E pazienza se qualche giudice magari si pungerà con uno spillo «dimenticato» tra le balze dalle sarte di San Vittore, come si vede nell'ironica vignetta di Vincino sulla brochure della Cooperativa Alice.

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