Milano - La pax giudiziaria tra accusa e difesa dura il tempo della requisitoria. Il sostituto procuratore generale di Milano Piero De Petris ha appena chiesto che Silvio Berlusconi venga condannato in Appello a cinque anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Ipotesi di reato che, in primo grado, era stata dichiarata prescritta con la concessione delle attenuanti generiche, con tanto di assoluzione dell’ex premier per la vicenda della compravendita della Sme. Ma secondo la Procura generale «esistono le prove del suo pieno coinvolgimento», ed emergono «elementi logici e fattuali» e «indizi univoci e convergenti» a carico del leader di Forza Italia, indicato come «il motore della corruzione» e il più interessato «a comprare i giudici», e al quale al contrario le attenuanti generiche «non possono essere concesse». A udienza conclusa, la replica dei difensori. Durissima, per un processo che «è sintomo di schizofrenia giudiziaria», per «l’accanimento» con cui i giudici milanesi «insistono nel voler perseguire Berlusconi», e per l’intento politico sotteso al processo. Quello, sostiene Gaetano Pecorella, difesore del Cavaliere e deputato di Forza Italia, «di impedire a Berlusconi di tornare a governare». È lo stesso Berlusconi a replicare seccamente: «Se credono di fermarmi con questi metodi, allora vuol dire che non mi conoscono».
Per De Petris, dunque, «ci sono le prove» che il bonifico «Orologio» - da 434mila dollari e datato 1991 - venne versato al giudice Renato Squillante dalla Fininvest attraverso Cesare Previti per «mantere a libro paga» il magistrato romano. Di più, Berlusconi fu «motore numero uno» nell’impedire che il colosso alimentare Sme finisse a Carlo De Benedetti. «Squillante - prosegue il Pg - era a libro di paga di Previti, il quale era in concorso con Berlusconi». Ancora, «i soldi - è la tesi dell’accusa - prima di arrivare a Squillante passarono da Previti», versati «estero su estero da Fininvest» e giustificati come «parcelle per prestazioni professionali». «Ma - insiste De Petris - non c’è nessun documento a suffragare la prestazione. È tutto orale, come del resto la stessa transazione. E questo non è credibile». E nemmeno vanno concesse le attenuanti generiche (come accaduto in primo grado), per le «condizioni di vita individuale e sociali» dell’allora premier. Per l’accusa, proprio quelle condizioni avrebbero consentito agli imputati «di fare mercimonio della propria funzione pubblica». Alla richiesta formulata dalla procura generale, infine, si aggiunge quella dell’avvocato dello Stato, Domenico Salvemini: «Berlusconi paghi un milione e 100mila euro a titolo di risarcimento. La legge è uguale per tutti e va applicata senza guardare in faccia nessuno, altrimenti non c’è più lo Stato».
«Incredibile», secondo l’avvocato Niccolò Ghedini, è invece «l’ostinazione con cui si chiede la condanna del leader dell’opposizione, che già è stato riconosciuto innocente perché il fatto non sussiste, per la sua estraneità e comunque per il decorso del tempo. «Anziché perseguire coloro che commettono gravi reati che rendono insicura la vita dei cittadini - continua Ghedini -, i magistrati milanesi insistono nel perseguire Berlusconi per fatti di 20 anni fa». Fatti che «avrebbero dovuto comportare un elogio per Silvio Berlusconi, che ha evitato una vera e propria svendita a danno dello Stato e dei contribuenti». Perciò, «ostinarsi a chiederne la condanna è davvero una straordinaria ferita per la vita democratica». «Questo processo - aggiunge Pecorella - è un sintomo di schizofrenia giudiziaria.
La Cassazione aveva stabilito che Milano non ha nulla a che vedere con i processi per la presunta corruzione dei giudici romani, ma il sostituto Pg insiste a chiedere la condanna di Berlusconi con un accanimento che toglie credibilità alla sua stessa iniziativa». Quindi, l’affondo. «Il Governo è in affanno e rischia di cadere - chiosa il legale -, in realtà si vuole impedire che Berlusconi ritorni a governare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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