Tognoli: "Ora possiamo scrivere la vera storia del leader Psi"

"È arrivato il momento di riscrivere la storia com’è, senza dimenticanze". Carlo Tognoli, sindaco socialista di Milano tra il 1976 e il 1986, anni dell’ascesa e del massimo splendore della stella politica di Craxi, come lui condannato nella stagione di Mani pulite, è sicuro che il progetto di Letizia Moratti serva a ristabilire la verità

Tognoli: "Ora possiamo scrivere la vera storia del leader Psi"

Milano «È arrivato il momento di riscrivere la storia com’è, senza dimenticanze». Carlo Tognoli, sindaco socialista di Milano tra il 1976 e il 1986, anni dell’ascesa e del massimo splendore della stella politica di Craxi, come lui condannato nella stagione di Mani pulite, è sicuro che il progetto di Letizia Moratti serva a ristabilire la verità: «È un falso che la classe politica italiana fosse totalmente corrotta».
Ha in mente il luogo giusto da dedicare a Bettino Craxi?
«Credo che la scelta tocchi alla giunta e alla commissione toponomastica, come quando ero sindaco. È chiaro che tutti preferiscono le vie del centro, ma sono poche e già assegnate. Oppure si può andare a cercare nel quartiere in cui è vissuto, ma anche in quella zona non c’è più spazio. Quel che conta, comunque, è il valore simbolico dell’indicazione».
I tempi sono maturi?
«Direi di sì. Si tratta di una via, non di un monumento! Si ricorda un personaggio molto legato alla sua città, che fu consigliere comunale e assessore, eletto la prima volta nel novembre del 1960. Lui sentiva come un dovere partecipare alla vita politica cittadina, essere presente a Palazzo Marino».
È il primo presidente del consiglio milanese.
«È stato uno dei pochissimi presidenti del consiglio milanesi. A parte lui, ricordo Paolo Boselli, durante la Prima guerra mondiale. Come Spadolini, eletto a Milano, fu presidente del consiglio, ma non era nato a Milano».
Letizia Moratti dice che dedicare una via a Craxi serve a unire. Condivide?
«Mi pare abbia detto bene il sindaco: l’iniziativa deve portare a un superamento delle divisioni. E in effetti ho visto giornalisti di sinistra, come Piero Sansonetti, che dicono: “Sì, dedichiamo una via a Craxi e anche a Pinelli”. Una ricerca di condivisione è fondamentale, affinché la storia venga scritta com’è, senza dimenticanze».
Qual è la dimenticanza storica più grave che riguarda Craxi?
«Per lo più è stata messa in luce Mani pulite e questo non è giusto. Qualunque giudizio si possa dare su quella vicenda, la storia politica di Craxi non finisce lì. Craxi non può essere confuso con i reati individuati in quel periodo. È un uomo che ha dato molto, ha contribuito a rinnovare il socialismo italiano, portandolo su posizioni democratiche e liberali».
Lo ritiene il suo principale merito?
«Craxi portò fuori l’Italia dalla crisi della fine anni Settanta. Non solo lui, naturalmente, ma lui ebbe una parte rilevante. Di quel periodo si ricorda sempre, sbagliando, la Milano da bere, ma la Milano da bere esce da una crisi pesantissima e la Ramazzotti ha scelto quello slogan proprio per esprimere sollievo per l’uscita dagli anni di piombo, della contestazione, della criminalità. Era stato un momento brutto della vita milanese, tra regolamenti di conti, sparatorie nei ristoranti e la crisi economica. E poi Craxi contribuì alla riduzione dell’inflazione...».
La vulgata lo addita tra i principali responsabili dell’esplosione del debito pubblico italiano.
«Non è vero, è un gigantesco falso storico. Basterebbe andare a guardare i dati Istat. Il debito negli anni successivi è cresciuto del doppio. Gli va riconosciuto che riuscì a battere l’inflazione grazie al decreto sul costo del lavoro, che era un piccolo rallentamento della scala mobile. Nulla di rivoluzionario, ma spezzò la gara tra salari e costo della vita. Fu un momento importante, in cui Craxi seppe interpretare il sentimento della maggioranza del Paese».
Restano molto numerosi gli italiani contrari. Secondo un sondaggio di Sky, i no a via Bettino Craxi arrivano al 60 per cento. Come se lo spiega?
«È un frutto velenoso di Mani pulite, di una campagna durata anni e anni e che non è ancora finita. Basti vedere quel che si è scritto in questi giorni. C’è ancora uno schieramento che tende a presentare in modo esagerato Mani pulite. Il fenomeno del finanziamento, anche illegittimo, dei partiti, che esisteva dal dopoguerra, è stato enormemente ingigantito. Non era tutto corruzione, ricettazione, furto, come è stato raccontato. Era violazione del finanziamento ai partiti. Era grave, ma non così grave come lo si vuol far passare. È un falso che la classe politica italiana fosse tutta corrotta».
Si sente spesso ripetere che Craxi non vigilasse sulle persone che aveva intorno e che abbia pagato per questo. Lo ritiene plausibile?
«Non credo. Dei capi si dice sempre così, anche di Mussolini si diceva che sceglieva male i gerarchi e in ogni caso Craxi era un democratico. Sono riflessioni frutto di valutazioni superficiali.

Adesso bisognerebbe approfondire seriamente quel che è accaduto sotto il profilo storico».
L’ha colpita la frenata di Pannella?
«Pannella deve sempre fare il primo della classe e anche in questo caso non ha voluto essere da meno».

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