Politica

Toh, chi riporta i fatti è un killer chi spettegola invece è un genio

Doveva essere un buongiorno per la libertà di indignazione, ieri. Doveva.
Temprato da settimane di disinteressati insegnamenti morali da parte della società civile e democratica; istruito da qualificate lezioni di deontologia professionale da parte della stampa indipendente e liberale; educato da esemplari ammaestramenti etici da parte di irreprensibili magisteri religiosi, il lettore-tipo politicamente equidistante, scevro da ogni faziosità ideologica o partitica, ieri mattina - come ogni altra del resto - si apprestava alla consueta rassegna stampa. Pronto a vibrare di sdegno, all’unisono con l’intero arco costituzionale della stampa quotidiana nazionale. Il giorno prima, del resto, il Corriere della sera, con la discrezione e l’aplomb che ne contraddistinguono lo stile (apertura di giornale: «Escort e politici: i verbali di Bari», due fitti paginoni: «Tarantini: il premier e quelle 30 ragazze. Diciotto serate e 1000 euro a chi restava»), aveva pubblicato i verbali secretati dell’inchiesta pugliese. Si attendeva, il lettore-tipo politicamente equidistante, una reazione da parte dei giornali italiani di forza uguale e contraria rispetto alle accuse di killeraggio rivolte al Giornale solo alcuni giorni prima. Anzi, di forza maggiore e contraria, visto che il Giornale in merito all’affaire Boffo ha pubblicato i documenti di una sentenza passata in giudicato, mentre il Corriere della sera - scusate la volgarità - ha reso pubblici verbali coperti dal segreto istruttorio e secretati su un fatto che non è reato e che nulla aggiungono, se non dettagli, a quanto è già stranoto da mesi. L’intera stampa nazionale - il nostro lettore-tipo non aveva dubbi iniziando a sfogliare la mazzetta odorante sdegno e inchiostro - oggi avrebbe di certo alzato un rabbioso latrato di indignazione contro la vergognosa operazione giornalistica di via Solferino. E invece...
E invece i verbali d’interrogatorio di Giampaolo Tarantini, sparati in apertura dal Corriere della sera il giorno prima, sono orgogliosamente richiamati nelle prime pagine di tutti i quotidiani italiani: grandi titoli, foto polpose, virgolettati piccanti, editoriali sconcertati e le scontate richieste di dimissioni del premier, anche se si tratta del solito gossip pugliese che da mesi fa la fortuna dei quotidiani più seriosi. Tante indiscrezioni e tanti pettegolezzi sui giornali. Ma nessun richiamo deontologico, nessuna critica democratica, nessuna riprovazione morale sulla mano che ha fatto uscire i documenti secretati dalla Procura di Bari e sulla mente che li ha messi in pagina sul Corriere della sera. Tutti a inseguire la topa, nessuno a cercare la talpa.
Killeraggio, certo. Ma a senso unico e inverso. Dacci oggi il nostro piombo quotidiano, direbbe Dagospia.
Il Riformista squaderna un paginone centrale con il catalogo in quadricromia di «Tutte le donne di Silvio», fotina per fotina, con una puntuale analisi politologica del nuovo corso barricadiero di via Solferino. L’Unità festeggia le «nuove» rivelazioni del sex-gate barese con un brindisi che inizia in copertina e finisce dopo un «Primo piano» lungo sei pagine. La Repubblica, in vero choc priapico, sui corpi delle trenta ragazze (indagate? colpevoli? innocenti?) ci costruisce l’apertura del giornale, ben due editoriali degli eccitatissimi D’Avanzo e Sofri, tutti i servizi compresi tra pagina 2 e pagina 11, e una micidiale infografica grande come un lenzuolo con le date e le foto delle ragazze (presumibilmente) incontrate dal premier. Smarrendo però lungo i labirinti morbosi delle pubbliche vicende del presidente del Consiglio quell’afflato giornalisticamente garantista riservato, fino all’altro giorno, ai privati affari del direttore di Avvenire. È la stampa, monnezza.
Che fine hanno fatto gli indignati editoriali sulla privacy violata, sul giornalismo spazzatura, sui giornali-randello che hanno commentato l’inchiesta del Giornale sul caso Boffo? La canea si è stranamente placata. E si è innalzato un coro. Di silenzio.
Per fortuna ci sono gli altri poteri forti.
Davanti alla deriva vergognosa dell’informazione italiana, la Federazione nazionale della stampa è intervenuta con tempismo e rigore... a difesa delle giornaliste del Corriere della sera che hanno reso pubbliche le carte secretate: «Si indaghi sui fatti oscuri, non sui cronisti», hanno intimato i sindacati. Mentre Antonio Di Pietro, con tempismo e solerzia, ha presentato un esposto... contro il Giornale: «Voglio sapere chi ha messo le mani negli archivi giudiziari e ha passato il documento a Feltri», ha invocato l’ex magistrato.
Nei confronti di chi pubblica gli atti di sentenze passate in giudicato parte una denuncia. Verso chi pubblica i verbali d’interrogatorio di un indagato coperti dal segreto istruttorio, scatta l’applauso.
Povero lettore-tipo, che triste rassegna stampa la tua. Nella più completa latitanza dell’opposizione, della Commissione di vigilanza, dei Comitati di liberazione redazionale e degli Osservatori di indignazione permanente, tutti ascoltano le voci di Palazzo, nessuno denuncia i killeraggi delle (altre) redazioni.
Peccato. Poteva essere un buongiorno per la libertà di indignazione, ieri.

Poteva.

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