Tonfo in Borsa per la scuderia Tronchetti

Massimo Restelli

da Milano

Fino a domenica sera nei «portafogli» di tutti gli azionisti della galassia Pirelli-Telecom c’erano 1,1 miliardi di valore che ora non ci sono più. Confrontando le capitalizzazioni delle numerose società coinvolte, è questo l’esito immediato di una delle peggiori débâcle borsistiche subite dalle società collegabili a Marco Tronchetti Provera. Si tratta, sia ben chiaro, di un calcolo di scuola su valori virtuali, ma davanti ai timori sulla tenuta finanziaria della catena di controllo che fa capo alla cassaforte Olimpia, Piazza Affari ha avuto una reazione bruciante. Pirelli ha ceduto il 4% a 0,66 euro (meno 4,4% i titoli di risparmio) tra scambi per il 5% del capitale: 259 milioni i pezzi passati mano. Inevitabili le ripercussioni sulla controllante Camfin (meno 5,4% a 1,42 euro) anche se a indossare la maglia nera del listino è stata Pirelli Real Estate (meno 7,11% a 45,3 euro), il polo immobiliare della Bicocca penalizzato dalle indiscrezioni (poi smentite) di presunti conti esteri dell’amministratore delegato Carlo Puri Negri. Più contenuto l’impatto su Telecom Italia (meno 0,77% a 2,1 euro tra scambi per lo 0,8% del capitale) che ha visto però precipitare le azioni di risparmio del 3,5%.
Percentuali da interpretare come la cartina al tornasole dei timori che dominano nelle sale operative. Conseguenti dal lato più «politico» all’inchiesta sulle intercettazioni e allo scontro con il premier Romano Prodi sull’eventuale cessione di Tim, da quello finanziario a possibili aumenti di capitale di Pirelli o a revisioni nella politica dei dividendi del gruppo telefonico. In una conferenza stampa convocata a Borsa chiusa, Tronchetti ha lanciato segnali rassicuranti difendendo il lavoro svolto, ma se il flusso di cassa di Telecom è giudicato sufficiente, sotto gli occhi degli analisti rimangono i problemi ravvisabili nella parte alta della catena di controllo. A partire dagli oltre 2 miliardi di debiti registrati dalla Bicocca, che a inizio ottobre dovrà trovare altri 1,2 miliardi per ripagare l’addio a Olimpia di Banca Intesa e Unicredit-Hvb. Pirelli ha 700 milioni di partecipazioni liquidabili (tra cui Capitalia e Mediobanca) ma a complicare la situazione c’è la scommessa che il gruppo sia costretto a svalutare la stessa partecipazione in Telecom (3,9 euro l’iscrizione in bilancio) per avvicinarla alle quotazioni attuali (2,1 euro).
Un equilibrio instabile che diventerebbe precario se si arrestasse il ricco flusso di cedole staccate dal gruppo telefonico. Da qui il moltiplicarsi delle ipotesi di riassetto: nelle ultime 2 settimane è passato di mano il 14% di Telecom. Se una ricapitalizzazione di Olimpia continua a essere considerata una scelta remota, alcune Sim milanesi hanno accarezzato un eventuale passaggio di consegne alla famiglia Benetton. Il gruppo di Ponzano controlla, infatti, già il 20% della cassaforte e ha di recente ridisegnato la propria struttura dicendosi pronto ad aumentare l’impegno nel business della telefonia. Possibile poi un avvicendamento tra la coppia Intesa-Unicredit e Capitalia, a corroborare l’interpretazione di quanti ritagliano un ruolo di «traghettatore» al neo presidente Guido Rossi. Il superconsulente che, avviata una politica di dialogo verso la magistratura, ha iniziato a segnare una linea di discontinuità rispetto alla gestione Tronchetti per quanto riguarda i rapporti con l’esecutivo in attesa della verifica di Prodi in Parlamento. Contribuendo alle tante ipotesi su cui resta sospeso il destino del gruppo dopo che è andato in fumo l’accordo con il magnate australiano Rupert Murdoch.

Un’intesa sui contenuti, che sarebbe stata poi probabilmente suggellata da incroci azionari, su cui Tronchetti aveva imperniato la svolta di Telecom verso la media company. New deal già abbracciato da alcuni concorrenti internazionali ma che ribaltava la scelta precedente di scommettere sulla convergenza tra fisso e mobile. Da questa mattina la parola torna ai mercati finanziari.

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