Roma Hai voglia a ripetere a macchinetta, come ha sempre fatto Di Pietro, che lui e Luigi De Magistris sono «fratelli siamesi che lavorano insieme per costruire il partito». Se la guerra tra i due leader era rimasta più o meno sotto traccia, nelle ultime ore è esplosa con tutta la sua veemenza. A uscire allo scoperto, un pezzo da novanta del partito, il capogruppo alla Camera dell’Idv, dipietrista al 130 per cento, Massimo Donadi. A lui il compito di lanciare l’ultimatum all’«acerrimo amico»: «De Magistris faccia retromarcia o lasci il partito». In un’intervista al Corriere della Sera, attacchi tossici all’europarlamentare: «Il risultato alle europee gli ha dato alla testa... E poi questa volontà di presentarsi come moralizzatore dell’Idv, uno che alle riunioni non parla e poi leggiamo le sue opinioni sui giornali...».
Veleno, quello usato dal megafono di Tonino, che dimostra come a quest’ultimo proprio non siano andate giù le recenti sortite dell’ex pm di Catanzaro. De Magistris, sul tema della pulizia nel partito, era uscito allo scoperto in più occasioni: «Sto contribuendo a formare una nuova classe dirigente all’interno dell’Idv»; «Mi fa piacere che il popolo della rete m’incoroni leader del partito»; (Affariitaliani, 2 novembre); «Chi pensava che me ne sarei stato buono al Parlamento europeo s’è proprio sbagliato»; «Per le regionali non mi accontento di avere candidati dal casellario giudiziario pulito, vorrei persone di altissimo livello»; (L’Espresso, 11 novembre). Sovraesposizione mediatica ma soprattutto consensi a valanga per l’ex toga lucana. Il quale, oltre ad aver fatto il pieno di voti in modo molto maggiore di quanto fatto dal padre-padrone dell’Idv, ha il suo impianto teorico in quel Paolo Flores D’Arcais, pronto a fare le pulci al giocattolo di Tonino. Da Micromega sono partite, infatti, domande imbarazzanti per il leader. Una su tutte: «Non pensa che sarebbe necessario dare un’ulteriore spinta alla democratizzazione interna arrivando a pensare a un segretario eletto dalla base attraverso le primarie?». In molti, all’interno dell’Idv, hanno visto in De Magistris l’autore di un’opa sul partito. E Di Pietro proprio non l’ha presa bene.
A ciò si aggiunga che, di recente, in molti hanno sbattuto la porta dell’Idv: Pino Pisicchio, Aurelio Misiti, Giuseppe Astore, Massimo Romano; altri, come l’ex consigliere di Di Pietro per le politiche ambientali, Giuseppe Vatinno, restano ma con il mal di pancia («Il partito è pieno di personaggi ambigui»). Sul web, poi, la base alimenta progetti di fronda chiedendo «legalità, merito, trasparenza». Mentre c’è chi addirittura arriva a chiedere su Facebook che Tonino faccia un passo indietro per lasciar posto proprio a De Magistris. Quest’ultimo, si dice, starebbe persino organizzando al Sud una propria rete di potere. Quando è troppo è troppo. Nei giorni scorsi era stata la fedelissima di Tonino Silvana Mura a lanciare un messaggio all’ingombrante De Magistris: «Sarai un bravo pilota ma l’Idv è una buona macchina; attenti a non rompere la macchina altrimenti il pilota si trova a terra». E ancora, sullo scontro interno: «Vengano a viso aperto, facciano una corrente e si presentino al congresso del 6-7 febbraio». Aria di resa dei conti interna, insomma.
A poco sono valsi i tentativi di Di Pietro di mettere la sordina alla baraonda in atto: «Tra noi ci sono dirigenti che hanno idee diverse e questo dimostra che non si tratta di un partito personale. Ben ci sta non uno ma 10, 100, 1000 De Magistris e altrettanti Donadi e Sonia Alfano». Salvo poi aggiungere: «Se poi qualcuno la pensa diversamente proponga legittimamente le proprie mozioni al congresso e le faccia vagliare all’assemblea dei delegati. Poi però, altrettanto sensibilmente, rispetti la volontà della maggioranza: questa è la democrazia». Lanciato il guanto di sfida, il leader ha lasciato che fossero i colonnelli a sparare le altre cartucce. In primis il capogruppo al Senato, Felice Belisario: «Dobbiamo capire che siamo una grande squadra che può di volta in volta annoverare nuovi calciatori fuoriclasse che devono però evitare di fare autogol». Più esplicito Luigi Li Gotti: «Chi è acerbo di politica come De Magistris pensa forse che tutti i luoghi siano buoni per affrontare qualsiasi argomento. È De Magistris che non ha colto, forse perché non è iscritto, cosa significhi un partito con le sue strutture».
Per l’ex magistrato campano ha parlato invece la sua fedelissima Sonia Alfano: «Le parole di Donadi? Assolutamente fuori luogo. Il partito recepisca le richieste che vengono dalla base».
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