Chi lo conosce, lo evita. Eccome se lo evita. Montenero di Bisaccia, città natale di Antonio Di Pietro, volta le spalle al suo illustre concittadino. E nellurna punisce la candidata Margherita Rosati che proprio Tonino aveva imposto litigando a morte col Pd, che alla fine se nera andato correndo con una lista propria. Fra i due litiganti adesso gode come un pazzo Nicola Travaglini, 36enne capolista della formazione civica di centrodestra «Uniti per Montenero», vincitore della corsa elettorale a casa del leader delIdv. Gode, Nicola, perché è diventato sindaco con il 49 per cento dei suffragi, 350 voti di scarto, unenormità per i tremila votanti del paesello molisano. Gode perché erano venticinque anni che i socialcomunisti prima, e i dipietristi poi, costringevano lui e i suoi predecessori alloblio dellopposizione. Gode perché da avvocato ha fatto fuori lex pubblico ministero con le stimmate di Mani Pulite. Gode perché nella lista sponsorizzata da Tonino cera il figliolo dellex pm, Cristiano, quello già indagato nellinchiesta sugli appalti a Napoli, che se lè subito presa con gli ex alleati che hanno fatto perdere la lista sponsorizzata da papà.
Gode, gode da pazzi Nicola. Ringrazia il commercialista, stringe le mani al lattaio, bacia tutti i fan che incontra e conosce per nome nella piazza del Comune. «È come se Mussolini avesse perso a Predappio» scherza, ma non troppo. «Non ci credo, ancora non ci credo. È meraviglioso». Ride di gusto. Non ci credeva davvero, laspirante sindaco di centrodestra. Perché i sondaggi casarecci lo davano sì in rimonta, ma nessuno immaginava una cosa così. E a dirla tutta, Nicola vince due volte perché Tonino ha giocato pesante. Con lex pm, ad esempio, ha fatto sentire il suo peso Nicola DAscanio, che oltre a essere presidente della Provincia di Campobasso e co-fondatore del movimento «Cantiere 2011» per le Regionali del prossimo anno, è stato sindaco di Montenero ai tempi in cui Tonino dettava legge a Milano.
Nella piazza del paese sè visto, appollaiato sul palco, addirittura Leoluca Orlando. E altri big del gabbiano. «Lo stesso Di Pietro - gongola Travaglini - ha fatto letteralmente il matto negli ultimi giorni qui a Montenero. Ha chiesto voti porta a porta, casa per casa, regalava i suoi libri, telefonava agli amici, faceva riunioni, cene elettorali. E che dire dei suoi: si sono contraddistinti per una campagna dodio incomprensibile, atteggiamenti al limite dello squadrismo, mentre la gente ha premiato la politica del fare contro quella delle chiacchiere». Un attivismo senza precedenti, quello di Antonio Di Pietro. Un dinamismo inquieto, però. Perché forse lex pm aveva capito con largo anticipo che stavolta laveva fatta grossa andando allo scontro col Pd locale, costringendo così cinque esponenti di centrosinistra a passare con la concorrenza.
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