Tonino il provocatore arriva per primo e ruba la scena a Walter

LO SHOW L’ex Pm arringa la folla contro il Lodo Alfano, autografa le bandiere del Pd e distribuisce biglietti da visita

Roma«Ciao, non so chi sei, ma guarda che tuo marito sta con una bionda stupenda! Sto scherzando, dài, non preoccuparti...». Antonio Di Pietro sorride. Parla con la moglie di un tizio che gli si avvicina, porgendogli un cellulare. Ma intanto stringe centinaia di mani, si mette in posa per l’ennesima foto ricordo. E ancora. Autografa a ripetizione volantini, manifesti, bandiere e cappellini, con logo Pd o Idv poco importa. Si rifiuta solo una volta, quando una signora gli chiede una dedica sulla maglietta («così non la lavo più!»). Ma non è finita. E, come un bravo prestigiatore, infila le mani in tasca e tira fuori i bigliettini da visita. A iosa. Ma l’immagine cult, a parte la forte arrabbiatura finale, diciamo così, con i giornalisti, lo ritrae con il megafono: «Venite, lasciate perdere le foto, sennò il prossimo anno saremo di nuovo qui. Venite a firmare contro il Lodo Alfano».
Di Pietro non sfila, ma si sposta di continuo, di qua e di là («così raccolgo più gente»), sempre attorno al suo gazebo, posto nelle retrovie, vicino a quello dei Verdi e del Partito socialista. Ma l’ex Pm non sta in punizione. Anzi, si presenta al Circo Massimo già prima delle 14, quando i due cortei devono ancora avviarsi. E non si ferma più. Fa bottino pieno di consensi. Simpatico, disponibile, per quasi tre ore. Tanto da non disdegnare un panino con la coppa e un bicchiere di vino, gentilmente offerti dai socialisti, che lo attirano così: «Noi mangiamo bene e lei lo sa...».
Di Pietro parla tanto, spiega che «siamo tutti qui perché è il giorno dell’unità nazionale di tutte le opposizioni, per proporre un’alternativa possibile di governo per il futuro di questo Paese». E la raccolta firme «non è un tentativo di spaccare il popolo del Pd, ma una necessità per fermare il modello berlusconiano che annichilisce la democrazia». E poi, anche se «noi ci stiamo opponendo dal primo giorno, fa piacere che loro, dopo aver fatto i gentlemen, adesso hanno capito che siamo in un campo di rugby. E che la prossima volta» Silvio Berlusconi «li butta a mare».
Insomma, c’è un «idem sentire» tra piazza Navona e il Circo Massimo: «Ci sentiamo a casa nostra». E con le dovute differenze, Pd e Idv fanno parte della stessa alleanza, perché «quando si ha a che fare un governo di spinta dittatoriale, tutte le opposizioni non possono che far quadrato». Ben detto, fanno intendere i manifestanti, che in processione gli chiedono «unità». «Ma più di così, che dobbiamo fare? Siamo qui apposta», risponde di continuo. Già, è proprio così. E il Pd deve rendere omaggio. Magari con un po’ d’imbarazzo. Lo si legge sul volto di Dario Franceschini, che fa visita alle varie forze politiche. «La richiesta che viene da tutti è essere uniti», attacca il vicesegretario democratico. Già, fa intendere Di Pietro, «c’è tanta gente». Poi, quasi sottovoce, Franceschini chiede: «Quando si chiude in Abruzzo?». Domanda legittima, visto che un’alleanza alle prossime Regionali sarebbe «un’occasione» da non perdere. Di Pietro non si sbilancia, ma sussurra che (i responsabili locali?) «si sono visti» venerdì sera.
Intanto, nella Capitale, le bandiere si moltiplicano, la gente aumenta. E Di Pietro urla di continuo al megafono: «Unitevi e moltiplicatevi». Suda, ha la camicia bagnata, le scarpe piene di polvere. Ma va avanti senza sosta. E ricorda ai suoi «apostoli»: «Dobbiamo arrivare a 500.000 firme, altrimenti le chiacchiere stanno a zero».
Cancellare il Lodo è dunque la «mission». E anche se le adesioni abbondano (al banchetto arriva pure Laura Morante, seguita da una telecamera), i militanti continuano a chiedere «unità». Di Pietro replica: «Sono qua, però diteglielo pure a Walter». Il botta e risposta si ripete di continuo. Finché il leader Idv perde le staffe. E all’ennesimo chiarimento chiesto da un militante del Pd, avvolto da bandiera e con cappellino sul capo, Di Pietro sbotta: «Io sono qua, mentre a piazza Navona lui (Walter, ndr) non c’era. Quindi, non mi fare incazzare». Ci riusciranno in pieno i cronisti, rei di trascrivere il virgolettato. Ma tant’è. «Dovete vergognarvi, siete infelici, giornalisti da quattro soldi. Sempre a caccia di polemiche per farci litigare». E ancora, al megafono: «Vi rode, volete il sangue. Ma noi siamo orgogliosi e felici di stare qua, mentre voi fate il gioco dell’amico vostro». L’amico sarebbe il Cavaliere?
Scuro in volto, Di Pietro si allontana.

Rimane un po’ in disparte per ascoltare il discorso di Veltroni. Ma in fondo si sente a stento. E allora si avvicina un po’ al palco. Poi però non torna più indietro. Va via, senza commentare. «Doveva prendere un aereo», spiegano dal suo staff.

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