Karen è caduta unaltra volta. Lha tradita lo specchio, come una qualunque. Non come si pensa possa capitare a una bellissima, una di quelle donne che per le quali la definizione «modella» è troppo poco: per distinguerla, Karen Mulder la chiamavano «supermodel», corpo e viso e portamento perfetti, una regina delle passerelle negli anni Novanta. Ma sono passati dieci anni. Oggi, che ne ha 39, insoddisfatta di un intervento di chirurgia estetica, ha minacciato la dottoressa che lha operata. Lha insultata, lha tormentata con telefonate piene di insulti. Alla fine lhanno rinchiusa in una cella, a Parigi, con laccusa di stalking.
La testa le ha giocato un brutto scherzo, unaltra volta. Lei, lolandese che Vogue chiamò «la bionda con classe», sfilava con Naomi Campbell, Helena Christensen, Linda Evangelista. Tutte le supermodelle, colleghe alla pari. Ma lo specchio non riflette più nulla di super, per Karen. Prima ha deciso di affidare la sua bellezza alle mani di un chirurgo estetico, perché quel viso e quel corpo non erano mai abbastanza perfetti. Poi, ancora, quellimmagine non funzionava, stonava, non era quello che cercava davvero. Allora Karen ha cambiato idea, ha tentato di tornare indietro: capricci, forse, ma voleva ripetere loperazione, ha assillato la dottoressa per riprovare, migliorare, rifare quellintervento che non era riuscito. Almeno ai suoi occhi, mai soddisfatti. Ma il chirurgo non voleva operarla più. Allora Karen ha insistito, telefonato ancora, minacciato. Urlato e sbraitato. Alla fine la dottoressa, terrorizzata, ha chiamato la polizia.
Karen Mulder è stata arrestata, interrogata, tenuta in prigione nellottavo arrondissement, lo stesso quartiere di Parigi dove fu scoperta durante un concorso, negli anni Ottanta. Era arrivata dallOlanda, stava per diventare una star. Bellissima, perfetta. Mai soddisfatta, però, neppure allora. La sua carriera era cominciata da poco, e in unintervista diceva: «Fin dallinizio odiavo essere fotografata». Forse era solo una posa, forse cera un dolore che già scavava, dentro, come un tarlo. Un sottofondo di infelicità. «Tutti mi dicevano: sei fantastica. Ma io mi sentivo sempre peggio. Non sapevo nemmeno chi fossi».
Per un po, le passerelle hanno funzionato da anestetico. Copertine, pubblicità, soldi: anche diecimila dollari al giorno, prima di scendere dalla corsa. Col ritiro sono tornati i problemi, il tarlo ha ripreso a rodere: nel 2001 ha raccontato di essere stata trattata come una schiava del sesso da politici e poliziotti. È finita in un ospedale psichiatrico per depressione, ha confessato problemi di droga. Sempre colpa di quegli anni da top, ma così in basso. Un anno dopo ha tentato il suicidio.
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