Francesco Rizzo
Nemmeno la prima, sgualcita foto sociale del Cortina - camicie bianche, cravatte nere, anno 1924 - ci conduce al punto di partenza. Lo assicurano gli archeologi da archivio: l'hockey su ghiaccio, in Italia, debutta intorno al 1911, con il match all'aperto fra il Circolo pattinatori del Valentino e i francesi del Lione, su pista naturale gentilmente offerta dal gelido inverno di Torino. In quell'epoca di pionieri con dischi a forma di saponetta e stecche scovate dal falegname nessuno avrebbe potuto immaginare che meno di un secolo più tardi l'ombelico dell'hockey mondiale si sarebbe spostato, per un paio di settimane, proprio a Torino. Città che oggi deve accontentarsi di una modesta squadra in B ma, per i Giochi invernali del febbraio prossimo, ha già fatto staccare 144.000 biglietti solo agli appassionati di hockey. Ne verranno da tutto il mondo, per seguire il torneo a cinque cerchi. L'occasione, del resto, è unica.
Nell'inverno scorso gli assi della National hockey league, il campionato professionistico nordamericano, non sono scesi in campo (o lo hanno fatto in Europa, alcuni pure da noi) per il mancato rinnovo del contratto collettivo fra giocatori e proprietari delle squadre. Ora il contratto c'è e la Nhl ha riacceso le luci fino alla pausa olimpica, quando i suoi più brillanti protagonisti, divisi nelle rispettive nazionali, si giocheranno le medaglie fra il PalaIsozaki e Torino Esposizioni. Ma molte stelle della Nhl sono europee e, dunque, l'assalto al Canada, oro a Salt Lake City davanti ad americani e russi, sarà condotto da cechi, svedesi, finlandesi, slovacchi che si garantiscono buone pensioni pattinando nelle arene Usa ma, per alcuni giorni, saranno solo al servizio della patria. Anche se c'è chi teme qualche defezione, volta ad evitare controlli antidoping: per il problema «aiuti chimici» l'Nhl - che ha reagito sdegnata - è finita infatti di recente sotto accusa.
«Dovessi puntare su una nazionale direi Repubblica ceca - azzarda Mickey Goulet, 58enne francocanadese, ma ct azzurro - perché ha talento da vendere. Sarà comunque uno spettacolo: indicare un campione su tutti significa mancare di rispetto agli altri». Le convocazioni definitive avverranno entro il 22 dicembre ma le pre-selezioni promettono nomi da poster. Il Canada avrà il leggendario Wayne Gretzky come numero 2 di uno staff direttivo di ventiquattro persone (fra cui sei allenatori e uno psicologo) ma potrebbe non schierare in pista il 40enne totem umano Mario Lemieux, che si è detto pronto a lasciare il posto a qualcuno più in forma. E lo stesso Lemieux ha indicato Sidney Crosby, suo compagno di squadra a Pittsburgh, uno che ha ancora il latte sulle labbra (classe '87) ma alla sua prima stagione fa scintille.
Gli artisti della stecca non mancano certo fra i russi, si tratta di metterli in sintonia, mentre i cechi iridati 2005 confermano mostri come il portiere Hasek e il veterano Jagr, che illuminò brevemente Bolzano anni fa e la Svezia conta su gente come Forsberg e Alfredsson, oggi, rispettivamente, primo negli assist e primo per goal più assist nella Nhl.
E l'Italia? Attesa da un girone terribile, che ci opporrà - nell'angusto spazio fra il 15 e il 21 febbraio - a Canada, Finlandia, Germania, Repubblica ceca e Svizzera, cercherà di onorare l'impegno e la vetrina tv, adattandosi anche a un metro arbitrale che tutelerà il talento. «Sto setacciando il campionato italiano - spiega Goulet, trascorsi da allenatore a livello universitario, una carriera da giocatore interrotta per guai alle ginocchia - e dopo un'estate di lavoro ho diciannove nomi su ventitré. Decidere gli ultimi è più difficile, voglio ragazzi che accettino il ruolo loro assegnato». Avremo italiani di nascita, fra cui ragazzi come il «milanese» Armin Helfer cresciuti aspettando proprio Torino e oriundi anche di solida esperienza, come il portiere Jason Muzzatti, ex Nhl, ora a Bolzano. Ma sarà durissima, troppa la distanza fra il nostro hockey e quello di vertice.
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