da Bari
La sospensione è stata revocata, i giudici hanno restituito ai genitori la patria potestà su Davide, il bambino nato il 28 aprile scorso a Foggia e affetto dalla sindrome di Potter: lo ha stabilito il tribunale per i minorenni di Bari, che ha accolto listanza presentata dalla famiglia. «Tutto quello che è accaduto non ce lo meritavamo, i giudici però lo hanno capito», dice la madre, Maria Rita, che ieri, dopo aver appreso la notizia, ha aggiunto: «Davide non è più nellincubatrice e questa sera lo prenderò in braccio, le infermiere me lo hanno promesso, è oltre un mese che aspetto di prenderlo tra le mie braccia».
Il tribunale aveva sospeso la potestà genitoriale in modo da consentire il trasporto durgenza del bambino allospedale Giovanni XXIII di Bari, dove è tuttora ricoverato. Il piccolo è nato senza reni e con altre gravi malformazioni provocate dalla malattia. I medici dellospedale di Foggia in un primo momento non avevano dato speranze ai genitori, ma successivamente il quadro clinico è cambiato: Davide ha cominciato a respirare da solo ed è stato dichiarato giuridicamente trasportabile; a quel punto il padre e la madre hanno preso tempo prima di acconsentire al trasferimento e per questa ragione sono intervenuti i giudici. E così, è stata sospesa la potestà genitoriale e il bimbo è stato ricoverato al Giovanni XXIII di Bari. I genitori, che hanno altri due figli, non lo hanno mai abbandonato: sono sempre rimasti accanto a lui.
La coppia ha ottenuto la restituzione della patria potestà dopo essere stata ascoltata dal tribunale per i minorenni.
Nel provvedimento i magistrati sottolineano che i genitori «hanno ribadito la loro volontà di continuare a collaborare con i medici affinché il piccolo possa ricevere le cure idonee a garantirgli la sopravvivenza»; inoltre, i giudici chiedono allamministrazione comunale di Foggia di svolgere «accurata attività di sostegno e monitoraggio in favore di tutta la famiglia del piccolo Davide, sollecitando interventi ove possibile anche di tipo economico».
«Ci adopereremo a quanto prescritto anche perché le prescrizioni non contrastano con i nostri desideri», dice lavvocato della famiglia, Michele Vaira. Il legale precisa anche che sta valutando se intraprendere azioni giudiziarie nei confronti di medici responsabili di diagnosi prenatali rivelatesi sbagliate.
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