Una tenzone che dura da quasi mezzo secolo, nei ricordi della gente, sulle pagine dei giornali e dei libri di storia, sulla bocca dei polemisti convinti che la storia, caricata come un revolver, può sempre servire a colpire bersagli ben piantati nel presente. Al centro, la figura di Pio XII, il Papa che guidò la Chiesa negli anni bui della II Guerra mondiale e dell'occupazione tedesca in Italia: il vicario di Cristo per il quale oggi, dopo quarant'anni, si è riaperta la causa di beatificazione. Lo stesso condannato da una parte della storiografia e del mondo ebraico come «il Papa del silenzio»: silenzio sulla persecuzione antisemita ad opera dei nazisti.
Chi fu dunque Pio XII? L'uomo considerato tra i «Giusti» di Israele per aver fatto interrompere il rastrellamento di ebrei nel Ghetto di Roma, nell'ottobre 1943, intervenendo personalmente presso l'ambasciatore tedesco Ernst Von Weiszäcker; l'uomo che ordinò l'apertura dei conventi al fine di raccogliere 4.000 ebrei altrimenti senza scampo; colui che portò, con la sua condotta, alla conversione nientemeno che del Gran rabbino della comunità ebraica di Roma Israel Zolli (leggersi Il rabbino che si arrese a Cristo, edizioni San Paolo, dove Zolli esalta «l'opera straordinaria della Chiesa per gli ebrei di Roma»)? Oppure quello che, ancora pochi giorni fa, costituiva un caso di scontro diplomatico tra il Vaticano e il Museo Yad Veshem di Gerusalemme a proposito della memoria dell'Olocausto, nonché il Pontefice che, terrorizzato dal comunismo sovietico, sarebbe sceso a qualche forma di patto col nazismo? Rolf Hochuth - il drammaturgo svizzero autore del contestato Il Vicario - non aveva dubbi, in quel lontano 1959 in cui scrisse la sua opera sui «silenzi della Chiesa e di Pio XII»: il Vaticano era un cinico centro di potere, retto dal «Capo» (così nella pièce viene chiamato il Papa dai sottoposti). Portato in scena per la prima volta nel 1963 a Berlino e da quel giorno fonte di polemiche accese, censure (storica la rappresentazione romana di una sola sera a opera di Gian Maria Volontè e Carlo Cecchi, nel 1965) e tardive riprese cinematografiche (nel 2002 il regista Costa Gavras realizzò il film Amen, ispirato all'opera), Il Vicario torna in Italia - dal 15 al 20 maggio, con la produzione del Teatro Filodrammatici - allo Spazio Mil di Sesto San Giovanni.
Un ritorno atteso e, si dice con malizia, propizio a generare ancor maggiori scintille nella stagione dei Dico, del Family Day e dei dibattiti «etici». Quella che va in scena allo Spazio Mil per la regia di Rosario Tedesco è una lettura scenica a più voci, con Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci e lo stesso Tedesco a dar corpo e passioni ai protagonisti di una storia che vede un ufficiale delle SS «pentito» e sconvolto dalla macchina di sterminio allearsi con un giovane sacerdote per far giungere alle orecchie del Papa la tragedia dell'Olocausto. Vinceranno, nell'amaro pessimismo di Hochuth, gli interessi del potere.
Il Vicario
Spazio Mil di Sesto San Giovanni
Da martedì al 20 maggio
Ore 21
Ingresso 20-15 euro
Info: 02.869.36.59
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.