Dai numeri non si scappa. E ci dicono che le donne hanno assimilato il peggior difetto degli uomini. Il fumo. Aumentato vertiginosamente tra il gentil sesso. Tempo un paio d’anni e ci sarà il sorpasso che è già avvenuto in alcune realtà italiane, tra i più giovani. Nella Giornata mondiale senza il tabacco, infatti, il dato più allarmante è quello che riguarda gli adolescenti. In Italia, l’età media della prima sigaretta è 17 anni, ma la soglia si è abbassata agli 11 anni: molti bambini, dunque, dopo aver bevuto il latte a colazione, assaporano quotidianamente un bel mucchietto di nicotina. Si spera siano accolti al più presto i suggerimenti del senatore Pdl, Stefano De Lillo, che chiede di innalzare da 16 a 18 anni il limite di età per l’acquisto e il consumo di tabacco e di vietare il fumo anche nelle strutture scolastiche.
Qualcuno penserà che nelle scuole è già vietato fumare. Ma basterebbe fare sistematiche incursioni nei giardini o nei bagni degli istituti per rendersi conto che la tolleranza verso giovani tabagisti è altissima.
Poi c’è il capitolo-donne. Ormai le fumatrici sono a quota 5,2 milioni, pari al 19,7%. I maschi raggiungono i 5,9 milioni, il 23,9%. E il presidente dell’Iss, Enrico Garaci, al XII convegno nazionale tabagismo commenta sconsolato: «È la prima volta che le donne e gli uomini fumano quasi allo stesso modo. Purtroppo non è un bel risultato». Ma chi vende le sigarette sa a chi rivolgersi. La pubblicità del tabacco è sempre più indirizzata alle giovani donne così, in 151 paesi, circa il 7% delle adolescenti è dipendente dalle sigarette (contro il 12% dei ragazzi) e in alcuni paesi la differenza con i maschi è ormai minima.
Cominciare da giovanissimi è, del resto, facilissimo: darsi un tono, imitare i «grandi», calmarsi in un momento di tensione, rilassarsi in compagnia. Ma è difficilissimo smettere, si riesce solo dopo i 65 anni. Forse anche a causa degli additivi che vengono mischiati nel tabacco e creano dipendenza. Secondo uno studio svizzero ce ne sarebbero oltre 200, tra cui il mentolo, l’alta concentrazione di ammonio, persino cacao e liquirizia. Insomma, fumiamo un po’ di tutto quando accendiamo una bionda. E spegnerla per sempre è molto faticoso. Il vizio, infatti, non si perde neanche durante la gravidanza e nel puerperio. E così il Movimento italiano genitori (Moige) ha promosso la campagna di informazione e sensibilizzazione «Se fumi, lui filtra». Che significa: sostanze cancerogene come nicotina, catrame e monossido di carbonio sono assorbite dal feto durante la gravidanza e durante l’allattamento e aumentano il rischio di morte improvvisa in culla ed espongono il bambino a gravi malattie respiratorie come bronchiti, polmoniti, asma e otiti.
Ma le donne che hanno detto addio alle sigarette sono ancora poche: 2,6 milioni (il 9,8%), gli uomini hanno fatto di più, raggiungendo la quota 3,9 milioni (il 15,7). Nel complesso, il popolo dei fumatori nel 2009 è del 28,74%. Si fuma più al Sud, Abruzzo in testa (31,56%), ultimo il Veneto (24,88).
Servono strategie collettive di dissuasione. Attualmente esistono i centri antifumo (il numero verde è 800 5540 88) che garantiscono un servizio nazionale anonimo e gratuito di consulenza. Si potrebbe usarli di più, ma più della metà dei fumatori, intervistati in occasione della Giornata mondiale senza tabacco, non sa neppure che esistono. Poi ci sono le terapie farmacologiche. Funzionano, costano 200 euro, la cifra però sembra insormontabile per un fumatore (poco convinto di smettere). Eppure chi si rivolge al medico ha possibilità 5 volte superiori di vincere la battaglia contro il fumo, che 7 pentiti su 10 perdono pochi mesi dopo aver deciso di smettere. Ed è per questo che Als virtuose come quella di Prato e di Trieste hanno deciso di regalare la terapia nei propri centri antifumo per incoraggiare i pentiti. E molte Asl italiane hanno intenzione di imitarle.
Dall’aspetto sanitario a quello etico.
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