È spesso definito come il basket «in sella». Ed è l'unico sport di squadra tra le più diffuse discipline equestri. Stiamo parlando dell'horseball, un gioco che radica le sue origini nella Francia degli anni Trenta e che a Milano e nell'hinterland è tornato alla ribalta negli ultimi tempi, nonostante una militanza ormai ultraventennale. I maneggi e le cascine, da sedi invernali per la preparazione degli atleti federali, diventano in questi mesi culle di campus estivi e l'horseball è senza dubbio il momento in cui l'equitazione e lo svago vanno più a braccetto. «E dove la noia prende un attimo di sosta», ammette Eric Bassot, uno dei più fervidi esperti e promotori dell'horseball a livello europeo. Già presidente della Federazione internazionale, è oggi anche referente della Lombardia e dell'Italia per Sef, scuola di formazione pronta a colmare il vuoto d'interesse ed economico lasciato dalla Fise (Federazione italiana sport equestri) per questa particolare disciplina: «L'anno di approdo in Italia è il 1991, grazie all'interesse dell'olimpionico di dressage James Connor che lo introdusse nell'allora centro La Favorita di Sedriano (Milano). Grazie a diverse associazioni sul territorio lombardo e non solo,lo sport è stato riconosciuto dalla federazione, fino a quando, nel 2006, la stessa Fise ha creato il dipartimento horseball».
Ci sono parecchi centri in Lombardia che dispongono di attrezzature pronte a soddisfare la curiosità di provetti cavalieri: dal Centro ippico brianteo a Lentate sul Seveso (Monza e Brianza) al Fornelli di Secugnago (Lodi), fino all'Ippocampo riding club di Limbiate (Milano). Istruttrice e tecnico federale del Riding è Viviana Bovi, che ha una spiegazione pressoché scientifica sul perché l'horseball sia sempre più praticato: «È come fare tre sport in uno perché racchiude il ritmo del basket, l'agilità del volteggio e il dinamismo del polo. Due squadre di 4 cavalieri si contendono una palla con 6 maniglie di cuoio, cercando di lanciarla in uno dei canestri ai limiti del campo: per mettere a segno un punto occorre servono 3 passaggi fra altrettanti giocatori diversi: è questa la vera difficoltà».
Ed è un modo per mantenere vivo l'interesse per l'equitazione tra i giovanissimi, soprattutto tra i maschi: «Spesso chi comincia a 6-7 anni, abbandona i cavalli attorno ai 13 anni - ci rivela amareggiato concludendo Bassot -.
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