Torna libero il primo dei «cinque cubani» ma il giudice gli nega il rientro in Patria

Arrestato negli Usa per spionaggio con altri quattro connazionali, René Gonzales, il 7 ottobre verrà liberato dopo 13 anni passati in carcere. Il giudice gli ha però imposto altri tre anni di libertà vigilata prima di tornare a casa. Conosciuti come «Cuban five», in questi anni divennero una bandiera della sinistra perché ritenuti vittime del «regime» americano

Rischia di passare altri tre anni negli Stati Uniti René Gonzales, il primo dei «cinque eroi cubani» destinato a uscire di prigione dopo aver scontato 13 anni per spionaggio. Il 7 ottobre infatti Gonzales verrà scarcerato, avendo però altri tre anni da passare in libertà vigilata. Per questo il suo avvocato aveva chiesto al giudice di poterli scontare nel suo Paese. Richiesta negata per l'impossibilità del governo americano di poterlo controllare.
René González Sehwerert, nacque a Chicago nel 1956, da esuli cubani fuggiti dal loro Paese perché perseguitati dal governo Batista, e per questo in possesso del doppio passaporto. Caduto il regime nel '59, i genitori due anni dopo tornarono in Patria e il piccolo René divenne subito un fedele castrista. Nel 1990 tornò negli Stati Uniti, si stabilì a Miami, dove nel 1998 nacque sua figlia Ivette. E quello stesso anno Gonzales venne arrestato insieme con altri quattro connazionali con l'accusa di spionaggio. Avrebbe infatti tentato di penetrare in una base militare nel sud della Florida e in un centro comando a Miami ma anche di aver tentato di infiltrare informatori nella comunità degli esuli cubani. In patria i «cinque cubani», come vennero ben presto conosciuti nel mondo, divennero subiti degli eroi in quanto considerati non spioni ma patrioti. «Il loro compito - ammise il governo dell'Aveva - non era fare spionaggio contro gli Stati Uniti, ma tenere sotto controllo i gruppi "terroristici" anticastristi».
Nonostante questa aura di martirio Gonzales e i suoi quattro compagni, rimasero in prigioni e solo il mese prossimo si apriranno le porte del carcere, ma unicamente per lui, il primo a tornare in libertà. In vista della scarcerazione il suo legale Phil Horowtiz ha chiesto al giudice Joan Leonard di consentirgli l'immediato ritorno a casa. «Gonzales non ha parenti negli Stati Uniti, anzi la moglie, che vive a Cuba, non ha nessuna possibilità di ottenere un visto di ingresso negli Usa (perché coinvolta nell'inchiesta contro i «cinque», ndr). Inoltre, come sostiene sua madre, farlo rimanere tre anni a Miami, dove vive la più popolosa e agguerrita comunità anticastrista, significherebbe esporlo a un rischio mortale».
Richiesta già respinta però dal giudice Leonard: «Non c'è alcun motivo per cui Gonzales possa evitare i tre anni di libertà vigilata». Dal fascicolo della corte infatti non risulterebbe pentito delle azioni che lo hanno portato in carcere, e il suo ritorno in patria lo porterebbe fuori ogni controllo delle autorità americane. «Quello che il condannato chiede è essenzialmente di eliminare la libertà vigilata prima ancora che comincia» ha spiegato il vice procuratore Caroline Heck Miller, aggiungendo comunque come Gonzales possa più avanti chiedere il permesso di tornare a Cuba.
Una decisione che sarà sicuramente destinata a riaccendere le polemiche e le proteste che del resto da 13 anni accompagnano il caso del «cinque cubani». In particolare nel mondo latino americano.

Proprio nei giorni scorsi il ministro degli Esteri del Venezuela Micolas Maduro ha bollato come ingiusta la condanna e paragonato la loro situazione a quella di Nelson Mandela, che passò 27 anni in prigione per il suo impegno contro l'apartheid. Come Mandela, secondo Maduro «I cinque cubani sono stati sequestrati da regime vergognoso come quello degli Stai Uniti».

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