Torna Potere Operaio e promette: "L'autunno sarà caldo"

Viaggio nella fabbrica di Pomigliano, dove rinasce il movimento. L'ex sindacalista Mignano: "Prodi e Bertinotti non ci rappresentano più". Dopo 40 anni, dietro l'iniziativa c'è ancora Oreste Scalzone

Torna Potere Operaio e promette: "L'autunno sarà caldo"

Nostro inviato a Napoli

Preparatevi, perché l'autunno sarà caldo. Esattamente come quarant'anni fa, quando di questi tempi nasceva Potere Operaio, sigla della sinistra extraparlamentare voluta dal professor Oreste Scalzone, culla di futuri brigatisti nonché di tre tesserati responsabili del rogo di Primavalle a Roma. Quarant'anni dopo, rispolverato il simbolo del pugno nero, con la benedizione del «cattivo maestro» rientrato dalla Francia in seguito alla prescrizione dei reati, «Pot.Op» rinasce. Ovviamente in fabbrica. Ufficialmente ripudiando la lotta armata. Curiosamente nello stesso stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco dove oltre alle ammiraglie dell'Alfa Romeo si sfornano scritte bierre e volantini inquietanti, il più noto dei quali datato 20 marzo 2002, distribuito dallo Slai Cobas a cadavere di Marco Biagi ancora caldo: «Non verseremo una sola lacrima per i loro morti perché loro non versano una sola lacrima per i nostri morti. Nessuno piange gli operai che muoiono sul posto di lavoro», come il caposquadra Antonio D'Amico, investito da un carrello impazzito.

LA FABBRICA DEL DISAGIO Con il delegato provinciale Vittorio Granillo, autore di quel volantino insieme alla ex parlamentare Mara Malavenda, ci addentriamo nella catena di montaggio di questa produzione ideologica che tanto preoccupa la Digos, il Ros dei carabinieri e i sindacati che non si riconoscono nella sortita di Domenico Mimmo Mignano, idolo e icona dei 5.200 cipputi di Pomigliano d'Arco. «Mimmo era un nostro iscritto, poi è stato sbattuto fuori all'unanimità, democraticamente, perché noi dello Slai Cobas le decisioni le prendiamo democraticamente». Questo per dire che quella capatosta di Mignano «a forza di fare da solo e di avere una versione personalistica del sindacato, s'è ritrovato a fare politica con una sigla bruciata dalla storia che ha fatto solo danni e che lui vuole riproporre, vedendosi con quello là». Che poi sarebbe Oreste Scalzone, uno che a Napoli - all'università come in fabbrica - è ormai di casa. Granillo si dice scettico sulla svolta poteroperaistica dell’ex associato, non commenta l’ossessiva attenzione delle forze di polizia ai sit-in e alle assemblee del neomovimento (alcune informative segnalano la partecipazione di Potere Operaio al convegno dei Carc, formazione ripetutamente sfiorata dalle indagini sugli omicidi targati Br); conferma invece quanto si sussurra ai reparti Cs1 e Nastro-saldatura circa il continuo apparire di graffiti firmati con la stella a cinque punte. «Non sappiamo se è una sinergia per rompere il fronte dell’unità dei lavoratori o se è una provocazione. Bisogna stare attenti ad accostare ogni cosa al terrorismo. Noi con Biagi facemmo una critica politica eppure ci accusarono di essere, più o meno, dei fiancheggiatori. Chi ha detto quelle cose, ha perso tutte le querele. L'ultima vinta è da 30mila euro».

RIVOLUZIONE AL GAMBRINUS Granillo si morde la lingua per non infierire sul nuovo Scalzone «che prima difende il direttore e poi lo attacca», che «anziché pensare a chi fatica a 40 gradi di calore nelle catene di montaggio o rischia di trinciarsi una mano al montaggio 147», presenta il nuovo Potere Operaio convocando «i compagni e le compagne nel salotto buono della borghesia cittadina». Quello, per intendersi, frequentato da D’Annunzio e Oscar Wilde, come da Edoardo Scarfoglio o dagli imprenditori blasonati e dalla politica tutta, partendo da Gava e Pomicino per finire a Bassolino e Napolitano: il caffè Gambrinus. Il Masaniello-operaio una risposta ce l’ha pronta. Fuori dal turno di lavoro, la serve al Giornale quand’è ora del caffè. «È stata una provocazione, per dire che noi non ci sentiamo cittadini di serie B. Non è giusto che Prodi, Bertinotti e altri cosiddetti politici di sinistra siedano lì e noi no. Loro - dice Mignano - sono stati eletti con i voti degli operai ma da tempo non ci rappresentano più: ecco perché il Gambrinus. D’ora in avanti niente sarà più come prima». L’ex Cobas che ha controfirmato una pubblica risoluzione dove si dice che la «sola difesa sindacale non basta più», nello stesso documento spiega che è giunto il momento «di rimettere in moto, dopo 40 anni, in forme attuali, l'idea ma soprattutto il movimento del Potere Operaio. Perché se i tempi e i modi sono oggi differenti», resta comunque da risolvere il problema dello sfruttamento, del carovita, del precariato, dei morti sul lavoro, dei sindacati amici dei padroni. «Perché - attacca Mignano - a comandare in fabbrica come nella società sono sempre i padroni che non hanno mai lavorato e nemmeno rischiato con i propri soldi visto che lo Stato continua a regalare contributi, sgravi, talvolta anche intere fabbriche per pochi spiccioli». Il riferimento a Romano Prodi non è casuale, conferma il sindacalista di Pot.Op: «Ecco perché l’autunno sarà caldo. Stiamo studiando forme di lotta durissime, ci faremo sentire e saremo tanti in una manifestazione contro l’ingiustizia sociale destinata a lasciare il segno. Ci organizzeremo perché la situazione è a un punto di non ritorno: l’operaio non arriva alla terza settimana, i licenziamenti sono quotidiani, non riusciamo a pagare l’affitto».

L'ALLEANZA CON I CARC Autunno bollente. «A cominciare dalle fabbriche Fiat di Pomigliano, Mirafiori, Melfi, Termini Imerese e via via allargando l’orizzonte». Saranno - giura - molti ma molti di più dei Trecento operai che, come gli spartani alle Termopili, davanti ai cancelli di Pomigliano picchettati dai simpatizzanti dei Carc, di Senza Censura e dai Disoccupati Autorganizzati di Acerra, si sono detti pronti a immolarsi per la causa. «L’idea piace, ci stiamo ragionando. Anche la riformulazione della sigla Potere Operaio sta riscuotendo un successo che non immaginavamo». Se Mignano faccia tutto da solo o sia eterodiretto dal cattivo maestro, la polizia non ha dubbi: «C'è Scalzone dietro. Si sono incontrati». L'interessato conferma a metà: «Con Oreste ci siamo visti più volte, sia a Roma che a Napoli perché lui spesso è qua». Il vecchio e il nuovo. C'è da temere il peggio nello stabilimento dei conflitti e degli scioperi? Mignano abbassa i toni: «Nessun timore. Erano altri tempi, quelli, anche se questi non scherzano. Se però continuano a prendersela con i lavoratori, bisognerà reagire». Con la loro stessa durezza, aveva sibilato in precedenza l'operaio rivoluzionario accostando la fine della dittatura all’insurrezione partigiana. «All’ultima assemblea i poliziotti ci hanno schedato e fotografato quando in realtà eravamo lì per protestare contro Sergio Marchionne che vuole introdurre il sabato lavorativo. Tornando a Potere Operaio, inizialmente è stata una provocazione, abbiamo lanciato un sassolino nello stagno per sondare le reazioni».

La prima è comparsa l’indomani su un muro poco distante l’entrata dello stabilimento: «Il comunismo è il nostro programma, con il Partito conquistiamo il potere, Stato e Padroni fate attenzione, nasce il partito dell’insurrezione». Firmato Pot.Op, come quarant'anni fa. gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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