Roma

Torna a splendere la Fontana del Prigione

Laura Gigliotti

Salendo da via Manara spicca sullo sfondo fin troppo bianca, addossata lungo il muro che altro non è che il resto di antiche sostruzioni romane. È la Fontana del Prigione, cosiddetta per la scultura di un prigioniero con le mani legate che un tempo si trovava nella nicchia centrale, posta su un piedistallo dal quale un mascherone gettava acqua in un sarcofago.
Per la verità oggi sgorga poca acqua «semipotabile», un rivoletto appena forse perché in anni passati qualcuno lavorando deve aver intercettato la condotta dell’Acqua Paola deviandone il flusso. È il problema che l’Acea è chiamata al più presto a risolvere per restituire alla Fontana di via Mameli, inquadrata dal fondale alberato del Gianicolo, tutta la sua recuperata bellezza.
La Fontana del Prigione è l’unico lacerto rimasto della Villa Peretti Montalto di Papa Sisto V all’Esquilino, con i suoi sei chilometri di perimetro fra le più estese proprietà private della città. Realizzata da Domenico Fontana fra il 1587 e il 1590 utilizzando travertino, stucchi, intonaco e materiale di spoglio, era il fondale di uno dei viali nei giardini della villa demolita dopo la proclamazione di Roma Capitale per l’urbanizzazione della zona e la costruzione della Stazione Termini. Nel 1888 venne smontata e acquistata dal Comune per essere posta a via Genova e successivamente nel ’25 come fondale scenografico di via Manara.
Ma in tutti questi spostamenti qualcosa si è perso o si è deteriorato. Molte parti in travertino sono state rifatte, la nicchia, la scogliera, la vasca. I due mascheroni vennero ricostruiti negli anni Venti, gli stessi a cui risale la colorazione dell’interno, mentre sono originali le lesene, la parte superiore e i due vasi. E poi ci sono stati gli atti vandalici. La statua romana di Esculapio, divinità legata alla salute e alle acque salutari, che sovrasta la fontana è senza testa dal ’70. «Il professor Carlo Pietrangeli - ricorda il Soprintendente Eugenio La Rocca - volle allora che si mettesse una copia, ma rubarono anche quella, sebbene fosse venuta più piccola del normale».
Ci sono voluti 300mila euro usciti dalle casse comunali, un anno di lavoro da maggio a maggio per riparare i guasti del tempo e dell’incuria, applicando alla fine protettivi in funzione idrorepellente e antiscritta, e ancora qualche mese per sistemare la zona circostante, prima che ieri l’assessore alla cultura Gianni Borgna l’inaugurasse ufficialmente. Ma il merito va anche alle tante sollecitazioni di privati e associazioni trasteverine che da tempo richiamavano l’amministrazione al dovere d’intervenire per eliminare i segni di degrado e abbandono. Era chiusa infatti dal ’97 dopo la caduta della voluta di sinistra, ora rifatta completamente, ridotta a ricettacolo di sporcizia, aggredita dalla vegetazione e dallo sporco, da croste nere e sedimentazioni calcaree e assediata dalle automobili in sosta ravvicinata. Cosa che ora non potrà più accadere visto che attorno è stata creata una zona di rispetto a sampietrini con panchine che impedisce alle auto di avvicinarsi e sostare ed è stato realizzato un nuovo impianto di illuminazione.
«Ma l’opera non è finita - dice Anna Maria Cerioni che ha curato la progettazione -. Il secondo momento sarà la sistemazione della parte superiore del verde e il riassetto delle mura laterali, soprattutto verso destra. Perché la fontana è appoggiata a un terrapieno e i problemi sono collegati all’umidità».

Gli studi preliminari sono stati proprio dei carotaggi per sondare lo stato delle sostruzioni antiche, che compaiono già nell’Ottocento nella planimetria di Rodolfo Lanciani.

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