È tornato Adriano: «Moratti mi aiuta a uscire dal tunnel»

Il brasiliano più attivo del solito. «Qui sto bene, ma se i tifosi mi dimostrano ostilità, sarò costretto ad andare via». Le ombre di Dida, alter ego dell’interista, ex divino con le mani piene di vento

da Milano

Chi ha vinto? Quello che ha cercato di perdere. Sono le solite stravaganze del calcio do Brasil. Eppur ieri a San Siro il Brasile ha ristabilito le gerarchie di una storia calcistica: i portieri fanno paura (ai suoi) e gli attaccanti pure ma agli altri. Storie di Adriano e Dida, il bomber con le micce bagnate e il portiere con la vista storta. Nell’area milanista il pericolo era davvero tutto brasiliano. Vedi Dida che ci riprova con la pallavolo, quel «bagher» che l’ha incantato e che fa venire il timor panico a tutta la gente rossonera. Bagher è parola cecoslovacca che significa scavatrice, ma chissà cosa avrà capito Dida che, ormai, scava solo buchi nell’acqua. Il portierone rossonero è rimasto solo «one» e molto meno portiere. E Adriano, che deve aver capito il punto debole, ieri è entrato in campo con il piglio di chi dice: adesso te lo faccio vedere io. Il gol. Non ce l’ha fatta perché, come ha spiegato lui: «Purtroppo nella vita ci sono momenti difficili». E questo è un momento difficile: per lui e per l’Inter.
Nel venerdì santo, santificato dal derby, Adriano non è rinato, ma almeno ci ha tentato. Per un tempo ha mandato segnali di fumo a tutta la difesa milanista, Nesta si è fatto prendere da timor panico per almeno mezz’ora. Nella testa di Adriano dovevano ronzare le parole di Mancini. «I grandi campioni sappiano prendersi onori e oneri nei momenti che contano». I due non si nasano. Qui non si parla di amore, ma nemmeno di sopportazione. Mancini non avrà capito l’animo tenero e bisognoso di coccole di questo brasiliano che scambia il giorno per la notte e viceversa, ma Adriano poco ha fatto per dare una mano all’Inter. Ieri ci ha riprovato. Ha fatto venir l’emozione perfino alla curva vuota. Ma non è andato più in là. Ha tirato poco e male, ha cercato di battersi da solo contro tutti, dimenticando che il calcio pure in attacco è un gioco di squadra. Probabilmente voleva ricacciare nella gola di Mancini quelle parole della vigilia. Osservazioni da tecnico, ma Adriano fatica a sopportare anche le osservazioni tecniche. «So prendermi le responsabilità», ha rimandato al mittente, con quel parlare intimista che, ogni volta, sembra promettere fedeltà eterna alla causa. «Ho passato due mesi e mezzo davvero difficili. Se rido e sono tranquillo posso fare di tutto. Se non sono in questa condizione d’animo tutto diventa difficile. Ma il sorriso devi trovarlo dentro di te, non te lo possono dare gli altri». Appunto.
Ieri Adriano ha cercato di sorridere e far sorridere. Dida, invece, ha solo rischiato di far ridere. Un mondo spezzato in due, visto da due angoli diversi di Brasile, da due emisferi opposti e contrari: quello del portiere e quello dell’attaccante. Dida ha detto che il Milan dovrà sempre guardarsi le spalle. Adriano ha spiegato che forse l’Inter può ricominciare a guardare avanti, anche se ormai il bello è passato. Restano i brodini per convalescenti. Adriano, appunto, si sente un convalescente. Difficile capirne la malattia, più difficile trovare la medicina. Forse ci sta provando anche lui. C’è un mondiale da scalare con il Brasile, che poi è l’orizzonte del suo interesse. Ieri qualcuno lo ha visto fra i migliori in campo. C’è il rischio di offendere il ricordo di quel giocatore che appena un anno fa... «Oggi non ero al 100% e non è un alibi», ha ammesso l’interessato, che sente aria di fronda intorno a lui. I tifosi hanno perso la pazienza. E lui ha risposto: «Se i tifosi mi dicessero in faccia che non mi vogliono più, sarei costretto ad andarmene». E qui, forse, c’è un pizzico di alibi pensando al Real Madrid o che altro.
Non è un dramma dell’incomunicabilità. Ma un’incapacità di crescere. Forse lo ha ben compreso Moratti, che continua a coccolarsi questo bambolone arrabbiato con chi lede sua maestà. Moratti ieri ha snobbato l’Inter come la curva. Ma ama i suoi gioielli. E Adriano ha confermato.

«Moratti mi aiuta tantissimo, lo sento spesso, mi sta vicino. Se sono in campo con questa maglia è merito suo». Che, fra l’altro, è l’unico che lo paga. Anche quello è un modo per trovar la felicità: dentro il portafoglio.

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