Tornatore: al cinema servono soldi anche dalla buona tv

Il regista vincitore del David per «La sconosciuta», ospite d’onore al Festival di Taormina, torna sulla polemica scatenata da Bertolucci

da Taormina

«Le vera iattura del cinema italiano? Dover replicare, da autore, a una falsa polemica, innescata per caso dal collega americano Quentin Tarantino, che magari avrà buttato lì una frase a casaccio sullo stato della nostra cinematografia. Che, comunque, ed è una cosa certa, al momento non gode di ottima salute», taglia corto Giuseppe Tornatore, passando in rassegna le novanta foto di scena, che lo ritraggono giovane «e con venti chili di meno», come commenta davanti agli scatti il cinquantunenne autore di Malèna, ora in trionfo al TaorminaFilmFest. A lui, fresco vincitore del David di Donatello (con La sconosciuta) e veterano dei set (dalla pubblicità ai documentari, nulla si è risparmiato dai propri battagliati inizi), la cinerassegna siciliana dedica la mostra Uno sguardo dal set, accompagnata da un catalogo ben curato (Silvana Editoriale) e una retrospettiva di metà carriera, densa di spunti. «Eppure, queste fotografie digitalizzate non mi piacciono tanto», pensa Peppuccio ad alta voce, perché magari la stanchezza lo vince e lo aspetta un master class, una lezione di cinema che lui, direttore di Michele Morgan e Sergio Castellitto, di Ben Gazzara e Gerard Depardieu, di John Travolta e Roman Polanski, dovrà impartire a una folla di ragazze e ragazzi in estasi, col telefonino pronto a fare clic.
La «Notte Tornatore», appena passata, con omaggio nella cavea del Teatro Antico («è la magia del cinema: oggi mi si è rotto l'orologio ed ecco che me ne arriva uno nuovo!», ha scherzato sul palco) e il corteo riverente dei suoi attori, Ben Gazzara in testa, ha stordito lui per primo. La moglie Roberta, che lo segue con vigile discrezione, si è goduta la festa come tutte le mamme del mondo: correndo dietro alla figlia Marianna, una bambolina che non vuole stare in platea, ma sul palco, sotto le luci, in braccio a papà Tornatore. E tanto per ribadire la duplice natura di siciliano doc, dolce e amaro, ilare e tragico, focoso e raggelante, l'autore di Nuovo Cinema Paradiso («lo sa che in Grecia e anche altrove, esistono sale cinematografiche che si chiamano così?») precisa la propria posizione mentale rispetto alla televisione, ai suoi usi ed abusi. «Condivido tutto quello che ha detto Bernardo Bertolucci, nella sua lettera pubblicata da Repubblica», puntualizza il regista, gli occhi neri scrutatori, ancor più seri, mentre il cuore soppesa le parole. «Un cineasta d'età, vanto e gloria degli schermi italiani in tempi meno aspri degli attuali, qual è Bertolucci, non parla nel deserto».
Rivolgendo un atto d'accusa alla televisione commerciale, che avrebbe imbarbarito la cineproduzione nostrana, il maestro di Parma ha buttato un sasso nello stagno. «Il livello della televisione, attualmente, è così basso, oserei dire becero, che ormai il gusto del pubblico è stato diseducato. La lettera di Bertolucci era accorata, ma il suo non è un discorso di bassa cucina. Bensì di alta cucina: se la prende con la cattiva tv , non con tutta la tv. Si tratta d'un intervento che resta nella storia, egli essendo un autore dall'indiscussa sensibilità. Con la quale si rende conto, lui, di un'altra generazione, che il rapporto del pubblico col cinema è stato compromesso, in modo clamoroso. Giù le mani dal cinema! Non faccio parte del movimento dei "Centoautori", ma ho firmato alcuni appelli anch'io».
Certo, la nuova legge sul cinema promette di tagliare i rami secchi, in sostanza concedendo maggiori quote del sussidio statale ai cineasti che, di volta in volta, dimostrino di non aver girato pellicole per cinefili, o, peggio, per il caveau della Banca nazionale (dove tuttora giacciono, in pegno, molti lavori che nessuno vedrà mai). Però Tornatore sa d'avere il talento, dalla sua.
Ma se cinema e televisione sono come cane e gatto, Peppuccio ha girato molti spot: segno che una sinergia, tra i due mezzi, ci sta. «C'è la possibilità di sperimentare mezzi nuovi, stili espressivi insoliti, la gioiosa condizione psicologica di mettere il proprio mestiere al servizio di un progetto altrui. E i soldi, naturalmente. Che possono aiutare il cinema». Già, i soldi. L'eterna questione dei quattrini. «Non abbiamo i soldi. Questo è il problema. Ma confesso una componente d'irresponsabilità, nel fare cinema.

Poiché non mi riconoscono il diritto di fare i film, che mi girano per la testa, allora non li faccio per il pubblico, ma per me. Adesso girerò un film, completamente diverso da La sconosciuta». Caspita, che tigna a tre punte.

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