«Torno al governo Sugli sbarchi la svolta c’è stata»

Il pemesso umanitario ci aiuterà ad operare meglio

RomaOnorevole Alfredo Mantovano, cosa l’ha indotta a ritirare le dimissioni da sottosegretario all’Interno?
«Le dimissioni erano legate a una serie di problemi concreti sia di merito sia di ordine territoriale relativamente al carico dell’emergenza immigrati. In questi giorni ho ricevuto più volte dal presidente del Consiglio e dal ministro Maroni inviti privati e molto affettuosi a ritirare le dimissioni che hanno provato la possibilità di essere accolti quando ci sono stati fatti concreti e significativi che davano senso al tornare indietro».
In particolare?
«Oggi (ieri; ndr) il dpcm con il riconoscimento del permesso umanitario che permette di governare meglio il fenomeno e di avere meno ansie e meno angoscia nella trattazione di un numero così elevato di arrivi. Ci sono inoltre segnali positivi nella dislocazione territoriale che certamente vede la presenza maggioritaria del Sud ma con cifre più contenute per ciascun sito. Tra Civitavecchia, Toscana e prossimamente Umbria si dà una dimensione al fenomeno che va oltre il Regno delle Due Sicilie».
Il comunicato del premier è stato decisivo.
«Berlusconi ha sbloccato una situazione che era stata già sbloccata nei fatti dando una sanzione formale a un superamento che era già avvenuto».
Oltre al rallegramento del presidente del Senato Schifani, sono giunte felicitazioni da quasi tutto il Pdl, soprattutto da coloro che avevano lavorato per una ricucitura.
«Quel documento pubblicato qualche giorno fa e indirizzato al presidente Berlusconi ha raccolto 62 firme nonostante le Camere non fossero operative. Le adesioni sono giunte da tutte le aree geografiche e da tutte le aree ideali del Pdl. Il che ha dato respiro nazionale alla vicenda e ha evitato di considerare le questioni da me poste come localistiche sottolineando ancora di più il carattere del Pdl come forza politica che guarda con eguale preoccupazione a ciò che accade al Sud come al Nord»
Assieme a lei ha ritirato le dimissioni anche il sindaco di Manduria Tommasino.
«Col sindaco di Manduria è stato mantenuto filo diretto in questi giorni e gli ha parlato pure Berlusconi quando lo siamo andati a trovare con Alemanno. Quando sono state superate le questioni da me poste sono venute meno pure le sue dimissioni e abbiamo ripreso il discorso dove l’avevamo lasciato una settimana fa».
A proposito di Nord e Sud, la dislocazione degli immigrati avverrà in tutto il territorio settentrionale oltre che in Piemonte?
«Mi auguro che novità ci possano essere anche per altre Regioni. Il riconoscimento del permesso umanitario e la contestuale operatività in queste ore dell’accordo con la Tunisia permette di pensare a un carico non così pesante come nei giorni passati».
L’opposizione ha reagito con il solito sarcasmo.
«Sono contenti quando la maggioranza incontra difficoltà, ma ma non era questa la mia intenzione. Se li deludo, allora tutto sommato ho assolto al mio mandato elettivo».
Com’è andata la riunione dell’unità di crisi del Viminale di ieri?
«Bisogna riprendere a parlare un linguaggio comune con l’Ue e con la Francia. Poco più di un mese fa quando il ministro dell’Interno francese era Hortefeux, aveva sottoscritto coi Paesi mediterranei un documento comune per aiutare l’Italia nell’emergenza. Il successore Guéant non ha dato segnali di apertura all’Italia e il suo primo gesto è stato di andare a Ventimiglia per marcare il territorio pur in assenza di un confine».
Quali saranno le prossime mosse?
«Domani (oggi; ndr) c’è l’incontro tra Maroni e Guéant e lunedì il Consiglio dei ministri Ue dell’Interno a Bruxelles. Confido nel fatto che, guardandosi negli occhi, i problemi si affrontino in un’ottica di condivisione conforme allo spirito europeo».
Si aspetta passi avanti?
«Spero proprio di sì. Alcuni Paesi europei hanno necessità di giovani abili al lavoro e con un titolo di studio, che è il profilo dei tunisini arrivati in Italia, e penso a Svezia e Finlandia. Tante famiglie tunisine in Francia aspettano i loro parenti. Se si passa dalle enunciazioni formali alla ricognizione della realtà, qualche passo avanti si può fare».
Come è ripartito il suo rapporto con Maroni?
«È stata la prima persona che ho chiamato dopo la nota di Berlusconi ma devo dire che ci siamo sentiti con cadenza quotidiana nei giorni passati. L’intento non era quello dello scontro: i tre anni che abbiamo alle spalle sono stati anni di splendido lavoro comune».
Guardando al passato, c’è qualche autocritica che il governo dovrebbe effettuare?
«L’esame del passato è già stato fatto. Guardiamo al futuro. Si è criticato tanto il governo sulla crisi libica scambiando la cautela per un atteggiamento ondivago.

Ma quando perdono la vita 250 persone alle porte di casa nostra e si considera che la presenza più sensibile della coalizione dei volenterosi si traduce nel bombardamento di alcune postazioni, qualcosa non funziona. L’Italia la sua parte l’ha fatta e la sta facendo, altri Stati dovrebbero fare una riflessione d’insieme».

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