Roma - Decapitato il ministro Scajola è partita l’immancabile corsa alla successione con il consueto rincorrersi di rumors, ipotesi, smentite e controsmentite. Una grana per l’immagine del governo e della maggioranza ma soprattutto un nodo da sciogliere in cui si ingarbugliano appetiti personali, ambizioni partitiche, equilibri di potere e perfino rivendicazioni territoriali. Ci penserà Berlusconi a individuare la pedina giusta, tenendo presente un risiko complesso ma anche la necessità di trovare un uomo che piaccia a Tremonti, vero e proprio tenutario dei cordoni della borsa. Motivo per cui, alla fine, non si potrebbe escludere la scelta di un «tecnico».
Voci di corridoio continuano a dare in pole, come erede al ministero delle Attività produttive, il già viceministro con delega alle Comunicazioni Paolo Romani. Abile uomo macchina, non accentratore come Scajola ma senza dubbio deciso, Romani ha glissato sull’ipotesi senza smentire: «Non è il momento, non mi sembra l’occasione. È poco elegante che mi poniate la domanda», ha risposto da Milano. La sua sarebbe una soluzione in nome della continuità, visto che è già presente nelle stanze del ministero ma qualcuno, che vuole rimanere anonimo, si lascia sfuggire: «Ma in fondo che ne sa di nucleare, energia e risorse minerarie?».
La seconda ipotesi molto accreditata è che Berlusconi assuma l’interim nell’attesa di trovare il nome più adatto. E qui entrano in gioco i tempi: per quanto? Il premier potrebbe salire al Quirinale e intestarsi la guida del ministero soltanto per qualche giorno, anche perché quel dicastero è vitale e comporta un lavoro immane trattando di imprese, commercio, incentivi alle aziende, energia e rapporti con l’estero. Tuttavia c’è chi ricorda il precedente della XIV legislatura quando Berlusconi, presidente del Consiglio, assunse l’interim di un altro dicastero di peso come quello degli Esteri, dopo le dimissioni di Renato Ruggiero. Allora ricoprì l’incarico per ben dieci mesi: dal gennaio al novembre del 2002.
Tra i papabili post Scajola anche l’attuale capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Il suo nome comporterebbe un reset totale della guida delle truppe pidielline, da poco orfane del vicario Italo Bocchino. E c’è chi mormora che, viste le troppe occasioni in cui il Pdl è andato sotto nonostante la larghissima maggioranza, un uomo in grado di tenere meglio le briglie dei duecento e passa onorevoli non sarebbe male. In tanti vedrebbero bene Maurizio Lupi, già vicepresidente della Camera, un vero e proprio caterpillar di regolamenti e abilissimo nel districarsi nei gangli di Montecitorio. Nome, quello di Lupi, ventilato anche come successore di Scajola. Sostituire il capogruppo pidiellino significherebbe anche giocare sul sempre più ostico fronte interno visto che, anche visivamente, i finiani sembrano essere sempre di più una costola del partito. In Transatlantico e nel cortile della Camera ormai sono ai capannelli separati: gli uni di qua, tutti gli altri di là.
Altre opzioni sarebbero quelle del responsabile vicario Enti locali del partito Mario Valducci, tenuto in grande considerazione dal premier, nonché quelle del sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto e del senatore Enzo Ghigo. Non a caso due piemontesi.
Già, perché assegnata al leghista Roberto Cota la candidatura vincente alla Regione Piemonte, si potrebbero riequilibrare i rapporti di forza tra gli alleati con criteri meramente territoriali. Il Carroccio, in effetti, che farà? «Di certo ci faremo sentire», assicura un leghista di peso in Transatlantico. «Loro, comunque, chiedono. Chiedono sempre...», commenta amaro un pidiellino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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