Antonio Lodetti
È assai rischioso sfidare la pazienza dei fan salendo sul palco con quasi unora di ritardo. Tracy Chapman lo ha fatto nel suo unico concerto italiano allo Smeraldo di Milano ma ha avuto poi buon gioco nel domare un pubblico (tantissime le donne) amico. Un parterre eterogeneo come pochi, composto di fedelissimi appassionati pronti a farsi sedurre dalle malìe folk blues della cantautrice. Che però ha spiazzato tutti, riarrangiando i brani (con laiuto di unottima band) tagliandoli con un rock scarno e sanguigno vagamente alla White Stripes. Partita con linattesa (e molto bella) cover di Hound Dog (omaggio a Elvis), la Chapman ha lasciato andare la voce ombrosa, dai toni a tratti rabbiosi, a tratti sensuali, a tratti tormentati sino al singhiozzo, puntando sul nuovo cd Where You Live con i melanconici quadri di Change e 3000 Miles. Gioca con le sfumature emotive del canto rileggendo i brani in chiave moderna, rifacendo per un attimo il look al suo folk che profuma di anni Sessanta, quello dai suoni felpati, al servizio delle parole, che lhanno resa famosa. Un cambio (provvisorio) di direzione - che avrà fatto piacere a chi considera le sue ballate troppo uniformi e dantan - che non nuoce alla suggestione delle sue canzoni, pur rendendole un po meno intimiste.
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