Paolo Fabri è il nipote della contessa Anna Maria Colleoni, erede diretto di un’eredità in gran parte finita altrove. Ad Alleanza nazionale, ad esempio. Il primo «anniversario» lo festeggia, dice lui, a dire poco «senza particolare entusiasmo».
Perché?
«Tutto quel che avete scoperto si è risolto in niente, una bolla di sapone. L’inchiesta penale non è andata avanti, ho letto che adesso si procede sul fronte civile così che i risultati si sapranno fra dieci anni. Alla fine è finita come in molti prevedevano. Non se ne parla più, quelli si sono tenuti la casa che nonna aveva donato al partito e non al cognato di Fini. Diciamo che sono abbastanza deluso».
Deluso anche dalle promesse che aveva fatto il presidente della Camera Gianfranco Fini e dall’invito al cognato a lasciare quell’appartamento?
«Aveva promesso che avrebbe lasciato l’incarico di presidente della Camera qualora fosse emersa la verità. Mi chiedo e vi chiedo: a questo punto qual è la verità vera su tutte queste società off shore?».
Bella domanda, questa. In compenso sul citofono della casa di Montecarlo è tornata la targhetta con il cognome Colleoni (sul campanello all’interno, a matita, c’è invece scritto Tulliani). Sarà contento.
«Magra consolazione per me e soprattutto per la mia povera nonna, che non sarebbe affatto contenta di come è finita la vicenda della sua casa donata al partito di cui era fiera e attiva sostenitrice. Una brutta figura così nessuno se la immaginava anche perché la donazione, come scritto nel testamento, era vincolata alla “buona battaglia” che quel signore lì non ha mai portato avanti. Anzi».
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