Leggi il settimanale

«Una tragedia, ma perché il cileno scappava?»

Lo dice con cautela, perché Gian Piero Biancolella non è solo un avvocato di grande esperienza, ma anche un esperto conoscitore dei meccanismi dell’informazione. Quindi non vorrebbe dar l’impressione di scaricare sulla vittima il peso della tragedia di lunedì scorso al Parco Lambro, l’uccisione di un clandestino da parte di un vigile urbano. Ma Biancolella, che del vigile Alessando Amigoni è il difensore, vuole offrire uno spunto di riflessione: «La vita umana è sacra - dice - e la morte del povero Gomez Cortes è una tragedia. Ma bisogna anche riflettere sul rispetto delle regole che a volte sembra diventato un optional. Ormai pare che non fermarsi all’alta delle forze di polizia sia diventato uno sport nazionale. Ma è uno sport pericoloso, come dimostrano questo e altri casi».
Ieri mattina Biancolella è tornato al Parco Lambro per un secondo sopralluogo insieme ai suoi periti: operazione che avrebbe dovuto compiersi già venerdì e poi rinviata perché mentre gli esperti stavano scattando le prime fotografie, alcuni ladruncoli hanno razziato gli strumenti scientifici. Furto quasi sicuramente fortuito, eseguito da balordi che non potranno nemmeno piazzare la merce rubata. Biancolella, l’esperto balistico Alberto Brandone e due geometri hanno percorso in lungo e largo via Crescenzago dove lunedì il vigile Amigoni, 36 anni, ha sparato a Marcelo Valentino Gomez Cortes, cileno di 28 anni. Avvocato e periti dopo aver fotografato via Crescenzago da ogni angolo hanno impiegato sofisticate apparecchiature laser per «leggere» le distanze. Indispensabile stabilire al millimetro dove si sono fermate le auto, quanta strada hanno fatto fuggitivi e inseguitori, dove esattamente si trovano ghisa e vittima quando è partito il colpo. Biancolella ha già annunciato che chiederà perizie sulla Seat Cordoba dei fuggitivi per trovare tracce di dna o impronte che confermino la presenza a brodo di Thomas Alvaro Huerta Rios, 25 anni, amico della vittima che si è poi presentato in Procura per spiegare come lui e Marcelo fossero fuggiti solo perché clandestini e che entrambi erano disarmati. E sull’arma del ghisa, una Beretta 92, per verificarne il funzionamento.
«Ora incroceremo i dati dei rilievi planimetrici con quelli dell’autopsia - spiega Biancolella - per avere un quadro attendibile della dinamica dei fatti». E alla luce di questa analisi, il vigile sotto inchiesta potrebbe anche fornire una sua nuova versione dei fatti, dopo quella resa immediatamente dopo l’uccisione del cileno, «quando era sotto choc e quindi non poteva fornire un racconto lucido».
Nella serata di lunedì scorso, Amigoni aveva detto di aver sparato perché Huerta Rios gli aveva puntato contro una pistola. Malauguratamente Gomez Cortes si è trovato sulla linea di fuoco ed è stato colpito. Poi ha aggiustato la versione, sostenendo di aver sparato da un ventina di metri, ma verso terra per intimidire i due. Ma le testimonianze dei tre colleghi e di un passante hanno smentito l’ipotesi di un uomo armato. L’autopsia inoltre avrebbe stabilito che la vittima è stata colpita alle spalle, all’altezza della scapola. Il proiettile dopo aver trapassato il cuore è uscito dal petto, dieci centimetri più basso. Come se Amigoni si trovasse in una posizione sopraelevata o il cileno fosse ingobbito nella fuga. «Amigoni - dice ancora Biancolella - non è un Rambo.

Si è parlato molto della sua foto scattata durante un corso di tiro, ma non di quelle con la figlia in braccio. E non è stato l’unico ad avvertire, durante l’inseguimento, una situazione di pericolo, tant’è vero che anche un suo collega ha estratto l’arma».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica