Domenica 14 gennaio 1951, nella pagina degli annunci economici del Messaggero, si leggeva: «Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi. Presentarsi in via Savoia 31, interno 5, lunedì ore 10-11». Due giorni dopo, prima pagina del Messaggero: «Una terribile disgrazia è accaduta ieri mattina nellinterno di un villino di via Savoia, dove settantasette giovani donne sono rimaste ferite in modo più o meno grave ed una è deceduta per limprovviso crollo dellintera scala dello stabile».
Roma ore 11 - lo spettacolo andato in scena al Duse di Genova fino a domenica e da settimana prossima in scena al Teatro dellElfo di Milano - sta tutto nel passaggio fra la prima e la seconda pagina di giornale. Ed è un capolavoro di neorealismo, quasi un film Luce dai fondali color seppia, un pezzo di cinema anni Cinquanta portato di forza in teatro.
E la metafora cinematografica, non è una forzatura, anzi. Perché gli spezzoni di cinegiornali dellistituto Luce sono parti integranti dello spettacolo. E lautore di Roma ore 11 è il regista Elio Petri, allora giornalista alle prime armi, che condusse uninchiesta fra le sopravvissute per conto di Giuseppe De Santis, che voleva trarre un film dalla tragedia di via Savoia 31.
Quellinchiesta, quelle testimonianze, quelle parole, vengono riprese da quattro attrici Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariàngeles Torres, che interpretano e dirigono il testo di Petri, trasformandolo in uno spettacolo attualissimo, fresco, pieno di umanità e divertimento, risate e drammaticità insieme. Le quattro attrici e registe hanno una capacità affabulatoria e di testimonianza che ha convinto anche Ascanio Celestini, forse lattore oggi più vicino alla storiografia delle Annales.
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