UN TRAGHETTO SENZA CONTROLLO

Finirà così. Finirà che un cittadino di Bergamo o di Pescasseroli dovrà chiedere il permesso di soggiorno per potere girare liberamente a casa sua. E gli stranieri, invece, avranno porte aperte e contributi dello Stato. Forse, chissà ci concederanno la riunificazione familiare. Ma solo se le nostre mogli si trasformeranno in badanti del ras (maghrebino) del quartiere. Uno scenario da paura? Un incubo di uno che non ha digerito il cous cous? Sarà. Però diciamo che siamo sulla buona strada. In un solo giorno riusciamo a inanellare due notizie che sono segnali allarmanti della deriva «invasion» che stiamo subendo. Prima notizia: oltre un quarto dei dodicimila detenuti che da ieri, grazie all’indulto, sono rimessi in libertà sono extracomunitari. Va da sé che non saranno mai rimpatriati e che dunque gireranno senza controllo per le nostre città. Seconda notizia: il governo pensa a una «dote» per ogni immigrato che sbarca in Italia. «Invece di dare i soldi alle organizzazioni criminali, prendano il traghetto e si portino dei soldi», spiega il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Non è meraviglioso? Dote e traghetto, italiano perfetto. Avanti, miei Prodi.
Le due notizie suggeriscono diverse domande. Verrebbe da chiedersi, per esempio, chi paga il traghetto agli immigrati. O se qualche ministro, compreso quello della Solidarietà sociale, s’è posto il problema di che cosa fare di quei 3-4mila stranieri che usciranno nei prossimi giorni dal carcere. Verrebbe da chiedersi se il rifondarolo Ferrero è mai stato messo al corrente del fatto che tra immigrazione clandestina e criminalità esiste un rapporto più stretto che una seconda di reggiseno alla Ferilli. Ma è tutto inutile. Che ci volete fare? Si sa, siamo campioni del mondo. Del calcio, certo. Ma anche del farci prendere a calci.
E dunque finirà così. Finirà che si distribuiranno un po’ di fogli di via, che finiranno regolarmente nel cestino. Poi regolarmente arriverà un’altra sanatoria. Che ci vuole? Un decreto legge, una fiducia e oplà, già sentiamo le fatidiche parole: «Questo è l’ultimo colpo di spugna». Lo dicevano già dopo la legge Martelli. Era il 1990 e il fenomeno dell’immigrazione era appena cominciato.
Quello che c’importa è l’immagine d’insieme che ne viene fuori. E cioè quella di un Paese del Bengodi, sempre meno Paese e sempre più Bengodi, dove chiunque può arrivare per fare i suoi bisogni senza nemmeno chiedere il permesso. Prego, accomodatevi, fate pure: se dovete delinquere, fatelo in santa pace. Noi vi scarcereremo presto e ci preoccuperemo della vostra dote, manco foste ragazze in età da marito. Il fatto è questo: si sta smantellando una legge, come la Bossi-Fini che aveva forse dei difetti, ma si portava dietro un’idea di rigore e di controllo. E si applica in modo indiscriminato la politica buonista delle porte aperte: avanti, c’è posto. E se non c’è posto, pazienza. Al massimo facciamo fare una cura dimagrante agli italiani. Non è fantastico? In fondo siamo tutti buoni: siamo multietnici, multirazziali, multiculturali e anche un po’ multicolor. Siamo solidali e anzi solidarmente sociali. Siamo generosi, altruisti, non fermiamo chi spera ma nemmeno chi spara.

E pazienza se così non facciamo il bene di nessuno, né degli stranieri onesti né degli italiani perbene. Pazienza. In questo Paese in fondo ogni giorno c’è un motivo in più per diventare neri. Se non di pelle, almeno di rabbia.

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