Cronache

Trallalero, il coro ligure va in pensione

Trallalero, il coro ligure va in pensione

Antonio Bovetti

Il Trallalero è un antico canto ligure che esprime, più di altri, la tradizione musicale genovese. Come e dove si cantano queste canzoni? È sufficiente solo un vicolo come «Caneto il lungo» o meglio ancora la bella piazzetta Luccoli, circondata da alti palazzi che fanno da cassa armonica, un gruppo di otto o nove canterini e il Trallalero è belle che fatto!
«E no! Il Trallalero bisogna saperlo cantare. Non si può improvvisare il più singolare dei canti genovesi - chiarisce subito Laura Parodi - sono l'unica donna accettata tra i canterini, mi sento una dissacratrice della tradizione, ma cantare in questi cori è troppo bello».
Qual è la storia questo canto così particolare? «La sua nascita si perde nel tempo, forse nel XI secolo o nel XV, sappiamo che era il canto dei portuali, si cantava nelle osterie, di certo nella latteria “da ü Tugni in Caneto il lungo”, ma anche nell'entroterra come la Valpolcevera e altre vallate. Si canta in cerchio, sempre in dialetto genovese, c'è un tenore, “ü primmü”, “ü falsetto”, “ü segundü” oppure “ü cuntretü” che è la mia specialità, poi c'è la voce centrale nel coro, “a vüsce chitàra”, questo canterino, per dare una risonanza maggiore, muta il tono della voce nasale con la mano vicino alla bocca, quasi a coprirla - spiega Parodi - simula un po’ lo strumento musicale e abilmente si lega alle voci dei bassi, facendo così nascere una armoniosa cantilena, il tra... la... la... onomatopeico che sostituisce i suoni degli strumenti. Ogni canterino scambia dialoghi nel cerchio e, se i bassi sempre quattro o cinque, hanno una voce potente nasce “ü batagià”», questo botta e risposta melodico è il punto d'incontro del Trallalero. Qui sta l'arte dei canterini. «Non sono le parole che contano ma le parole che cantano - diceva Edward Neil - uno dei primi cultori di questo canto, fu il primo a incidere su nastro questi brani. Neil negli anni '30 raccolse su dischi 78 giri che venivano spediti ai liguri emigrati nelle americhe».
Come si entra in un coro? «Negli anni trenta c'erano più di sessanta gruppi, non era facile entrare, era usanza che un anziano segnalasse il principiante. “Vieni, facciamo una prova” questa era la prassi per iniziare un canterino al gruppo, doveva provare e quando era entrato nell'atmosfera un po’ singolare di questa musica, sempre gli anziani del gruppo lo ammettevano nella compagnia cantante. Oggi c'è carenza di baritoni e di cantanti in genere». Chi sono i «Recogeiti»?
«Questa tipica espressione dialettale, vuol dire presi a caso qua e là. Questi raccogliticci erano gruppi di canterini che nascevano spontaneamente, dopo una bevuta in osteria, cantavano per divertimento, ma con particolare passione, ed è proprio da questa improvvisazione che nascono anche oggi - racconta entusiasta Parodi - pezzi pieni di singolare creatività e sempre musicalmente armoniosi. “Parole che non si potranno mai scrivere” diceva il maestro “Pino dü Mö”, che mi ha insegnato a cantare, quando le musiche del Trallalero saranno trascritte lo spirito e la tradizione moriranno». L'inventiva del momento va lasciata all'attimo che fugge».


Qual’è stato il momento più prolifico per questo canto? «Gli anni trenta, momento efficace per la canzone genovese, c’erano più di sessanta gruppi ben definiti e farsi accettare era difficile».

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