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Trap, l’uomo della stella «Ora mi stuzzicano Spagna o Inghilterra»

Trap, l’uomo della stella «Ora mi stuzzicano Spagna o Inghilterra»

Caro Trap, ne ha combinata un’altra delle sue.
«Cosa ho fatto, ho vinto soltanto l’ennesimo titolo».
Già, ma col successo in Austria con i Red Bulls Salisburgo i suoi scudetti arrivano a dieci, uno dei pochi mister in circolazione a potersi appuntare sul petto la stella.
«Alla stella non avevo proprio pensato ma, visto che c’è, me la tengo ben stretta».
Trap, cosa le era capitato 30 anni fa nel calcio?
«Non penserai mica che sono diventato sclerotico: nel 1977 vincevo il mio primo scudetto con la Juventus».
E da allora è stato un crescendo rossiniano.
«Il calcio l’ho nel sangue e poi sono un irrequieto non potrei starmene senza far nulla».
Ma lo sa che lei ha 68 anni compiuti? Dove la trova tutta questa energia e vitalità per andare in campo ad allenarsi con i suoi giocatori?
«Ringrazio il Padre Eterno che mi dà la salute, ma ci metto anche del mio. Mi piace correre, calciare, stare all’aria aperta, sentire il profumo dell’erba, in mezzo ai giovani e con un pallone tra i piedi».
Dieci scudetti, quale il più bello? Quello che più l’ha presa?
«Tutti belli e tutti sofferti, pure quello dei record nel 1989 con l’Inter. Ma il primo, con Boniperti presidente, è quello che mi ha dato sensazioni sconosciute, forse perché la prima volta non si scorda mai. Ma, in sostanza, di tutti e dieci conservo ricordi meravigliosi. Anche perché tutti sono costati qualcosa alla mia vita. I titoli in bianconero erano l’impronta di una grande società con due grandissimi come Boniperti (a lui voglio dedicare la stella) e Gianni Agnelli. Con l’Inter trovai un gruppo di campioni che si espressero al massimo come se fossero un tutt’uno. Ma grande gioia ho provato a conquistare il titolo della Bundesliga col Bayern Monaco: un emigrante che va a vincere in casa d’altri, in particolare nella Germania ostica per noi italiani, è davvero una bella rivincita».
E quello col Benfica?
«È arrivato dopo la delusione azzurra agli europei in Portogallo e adesso qui in Austria ho riportato il titolo a Salisburgo dopo dieci anni di assenza. D’accordo che questa è la squadra più ricca ma, pur con tutti i soldi che ha, l’anno scorso era arrivata seconda».
A proposito di flop in nazionale, ne vuole parlare?
«Non facciamo polemiche, è andata così e basta. Potevamo tutti far meglio, io compreso».
Com’è stato il rapporto in panchina con Matthäus?
«Perfetto. Questo è un successo che voglio condividere con lui. Lothar ha un gran rispetto per me, continua a chiamarmi mister e come allenatore ha un grande futuro».
Ha vinto il titolo con 5 giornate d’anticipo, proprio come la sua Inter, a 18 anni dall’ultimo scudetto nerazzurro. Un caso?
«Certo, ma mi ha fatto piacere per i nerazzurri, se lo sono meritato, anche se hanno cancellato i record della “mia” Inter. È una grande soddisfazione per Massimo Moratti e Roberto Mancini. Se ce la farò andrò anche alla loro festa».
Ha brindato a birra o champagne?
«Rigorosamente champagne, sono un uomo di mondo io (e giù una bella risata, ndr). Ma poi i giocatori mi hanno fatto la doccia di birra».
Visto che ha vinto nella città di Mozart, non è che adesso le faranno una statua?
«Mozart per la musica, Trapattoni per il calcio: è un accostamento che mi piace».
Ora che farà? Torna in Italia per far contenta la signora Paola o per prendersi qualche rivincita con un club nostrano?
«Mia moglie è una santa, a lei andrebbe fatto un monumento per come mi sopporta. Ma in Italia non tornerò più ad allenare. La Champions mi tenta e mi brucia ancora l’eliminazione contro il Valencia un anno fa; qui ho un contratto fino al 2008 che vorrebbero rinnovarmi e mi hammo promesso rinforzi adeguati. Ma ci sono anche altri campionati che mi attirano e mi stuzzicano, come la Liga spagnola e la Premier League inglese».
Titoli che lei non ha ancora vinto...
«Già, ma c’è sempre tempo.

Ho appena 68 anni».

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