Travaglio&Co. sognano la cacciata del "tiranno"

Sui quotidiani più di battaglia è già il dopo-Silvio. E su Liberazione il cantante Silvestri evoca piazzale Loreto

Travaglio&Co. sognano la cacciata del "tiranno"

Più che prime pagine mandano in edicola copertine. Cartoline di un’epoca che deve finire e di un’altra che vuole cancellare il passato ancora presente. Il manifesto offre un’istantanea del Duomo sopra la scritta «Forza Italia». E Liberazione ripropone, addirittura, il Quarto stato di Pellizza da Volpedo sul titolo «Auguri Italia!» Con tanto di punto esclamativo. Altro che amministrative. Per la sinistra radicale e per i suoi fogli questa è l’ora «x» e questo è il giorno del calcio al tiranno.
C’è chi, come il cantautore romano Daniele Silvestri, alza addirittura il forcone: «Dobbiamo ricordarci - spiega a Liberazione - che è stato a Milano che è stato ucciso Mussolini. Se l’avessero preso a Roma forse sarebbe ancora vivo». Adrenalina a mille. Il sangue. La piazza. Anche se poi Silvestri si accorge che Palazzo Marino e Palazzo Chigi non sono la Bastiglia: «Non mi auguro la morte di nessuno, ma è un esempio lampante di come Milano sia una città dove le cose o non succedono, o se succedono, succedono per davvero».
È la resa dei conti. Attesa. Evocata. Immaginata per anni. Ora potrebbe passare per la Madonnina o per piazza del Plebiscito. Teresa De Sio da Napoli fa sentire la sua voce, perfettamente speculare a quella di Silvestri: «Mi chiamano la Brigantessa - spiega sempre a Liberazione - si tratta di un brigantaggio intellettuale, non appiattito sugli schemi che questo ventennio ci ha imposto». Il ventennio berlusconiano, viene chiarito in una nota redazionale. Ma già quella parola indica la sovrapposizione fra la biografia del Cavaliere e quella del Duce. Sovrapposizione, soprattutto, per l’ultima pagina che si aspetta con ansia, come la pioggia dopo la siccità. Che venga il temporale col fulmine liberatore. Che finisca quella lunghissima parentesi. Che il popolo, spinto dal pennello di Pellizza, torni a comandare.
Appelli. Proclami. Messaggi d’augurio. Foto che vogliono intercettare la storia, perché la cronaca ormai è un dettaglio. «Il Cavaliere sballottato», s’intitola l’editoriale che il manifesto affida alla penna di Valentino Parlato. E Parlato gioca con le suggestioni alimentate dai Pisapia e dai De Magistris: «La politica è ancora in sonno, per non dire che è malata grave, ma la società dà segni di risveglio». La direttora dell’Unità Concita De Gregorio corre in avanti e anticipa la festa: è già cambiato tutto. È già vittoria. È già un’altra Italia. Non resta che passare alla moviola gli ultimi fotogrammi di un mondo che, a sentire lei, si sta dissolvendo. Ecco «lo sbando sguaiato, l’assenza di idee e la protervia ancien régime della destra». Sono i titoli di coda sul «ventennio» che, finalmente, sta per diventare materiale d’archivio. Come i cinegiornali Luce. Manca solo la condanna a morte. Vergata in tempo reale sul Fatto quotidiano: il solito Marco Travaglio mette in fila quindici capi d’accusa contro Berlusconi.

Più o meno quelli dei processi che si sono trascinati per tanti anni e, in un modo o nell’altro, si sono chiusi con una raffica di assoluzioni. Ma che per il pm del Fatto si basano tutti su accuse fondate. Rullano i tamburi. Manca solo la ratifica di quella corte d’assise speciale che, per i giustizialisti, è il voto popolare. Una formalità. Oggi la sentenza.

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