«Mi auguro che il nostro Paese sviluppi in fretta le competenze necessarie» a permettere alle aziende biofarmaceutiche italiane, che intendono quotarsi, di farlo a Piazza Affari e non più solo su Borse estere. Lo ha affermato il presidente di Farmindustria, Sergio Dompé, a margine della presentazione di uno studio dell'università Bocconi sul futuro della farmaceutica nella penisola. «Queste sono imprese che richiedono una grande capacità tecnica - ha spiegato Dompé - un patrimonio tecnologico specifico e una massa critica anche di tipo culturale, nella valorizzazione dei brevetti, del percorso di sviluppo e del rischio d'impresa. Le Borse estere hanno in questo senso una maggiore expertise, ma l'auspicio è che l'Italia si attrezzi per trattenerle».
Un mancato incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo del 35 per cento in tre anni potrebbe causare un fatturato inferiore di circa 2,2 miliardi di euro e un mancato aumento di 1.500-2.000 nuovi posti di lavoro specializzati, sostiene lo studio elaborato dal Centro Findustria dell'Università Bocconi di Milano e presentato oggi nell'ateneo milanese, coordinato dai professori Maurizio Dall'Occhio e Luca Eltro. «Proprio la proposta di Farmindustria al governo Prodi - ha fatto notare Dompé - assicurava impegni delle aziende ad aumentare gli investimenti in produzione e ricerca di 2 miliardi di euro in tre anni, cosa che avrebbe corrisposto nello stesso periodo a un incremento in ricerca del 30-35 per cento, ma richiedeva al tempo stesso dalle istituzioni risorse adeguate e misurate sulla reale domanda di salute, abolizione della fiscalità differenziata sulla farmaceutica, incentivi fiscali sulla ricerca, defiscalizzazione degli oneri per i neoassunti in ricerca e deducibilità dei costi fiscali sulle commesse di ricerca».
Il settore farmaceutico mostra rilevanti segnali di dinamismo: oltre un miliardo di euro in investimenti in ricerca negli ultimi anni. Ma la «politica dei tagli - secondo Dompé - sta mettendo a rischio la crescita del comparto e l'occupazione: nel solo 2007 la farmaceutica, che rappresenta il 15 per cento della spesa sanitaria, sopporterà il 50 per cento dei tagli totali sulla sanità, ovvero più di 2 miliardi di euro».
Una delle richieste su cui batte maggiormente Farmindustria è quella relativa ai crediti d'imposta che, «per l'innovazione e per le start-up - come rileva lo studio della Bocconi - sono già utilizzati da parecchi anni nel Regno Unito, in Francia e Spagna».
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