Tre donne massacrate per un «no» in 48 ore

Bambine, ragazze, donne. Massacrate, ridotte in fin di vita, uccise. Quando l’amore diventa assassino. Per un «no», un rifiuto, un addio.
C’è qualcosa di feroce, di malato, di anacronistico in quest’uomo del Terzo millennio, talvolta debole e fragile, apparentemente indifeso e poi all’improvviso mostro. Di fronte all’abbandono. Paure, odio, rancore, solitudine. Un’alchimia micidiale, materia per psicologi e criminologi, tuttologi.
Due giorni, gli ultimi due, ci raccontano tre storie noir da far accapponare la pelle.
Enrico Croci, operaio della Barilla, residente a Varano dè Melegari, in quel di Parma, a 46 anni viveva come fosse ancora un ragazzino. In casa di mammà col fratello. Aveva trovato una donna bellissima, la pelle color ambra, 24 anni, etiope. Si chiamava Gouesh Woldmichael Gebrehiwot, «Elsa» il nome più facile per tutti, soprattutto quando si lavora nei night. C’era stata una storia, quanto sincera è dubbio, tra lei e l’operaio. Poi la fine, adesso accanto alla ragazza c’era un altro. Un quarantenne che giovedì ne aveva denunciato la scomparsa. Ieri l’hanno trovata, uccisa a colpi di pistola e sotterrata. Tabulati telefonici e controlli sulle sua «amicizie» hanno portato fin da subito a Croci. Che dopo una notte di interrogatori ha ammmesso. «Si, sono stato io». Indicando il luogo in cui aveva nascosto il cadavere, a Mariano, frazione di Pellegrino Parmense, sull’Appennino, 50 chilometri dal capoluogo.
«Faccia d’angelo», al secolo Giacomo Stea,27 anni, pugliese di Bari, pluripregiudicato, ha dovuto attenedere di uscire dal carcere per farsi «giustizia». Lucia Bisceglie, la sua ex, 25 anni, è stata centrata da una pistolettata perché rea di aver provato a rifarsi una vita. Con un ragazzo tranquillo, normale. Che l’aveva sposata. Bloccato dalla polizia Stea ha confessato ed tornato in cella.
Era fidanzato con Lucia da quando erano bambini. Quelle storie che sembrano già scritte, romantiche, infinite, ma che l’exploit criminale del ragazzo aveva distrutto. Stea, ritenuto vicino al clan Capriati del Borgo Antico, nel 2006 era stato arrestato per associazione a delinquere. Lucia, nel frattempo, decise di rompere, di ripartire. Senza di lui. Anni sereni di vita matrimoniale tranquilla, fino a quando l’ex l’anno scorso uscì di prigione. Sorvegliato speciale ma con un chiodo fisso: riprendersi quella che considerava una sua proprietà. Anche con la forza, anche contro la volontà della giovane. «o mia o di nessuno» andava ripetendo.
Luoghi diversi, storie uguali. Ha confessato il 17enne che giovedì ha massacrato a colpi di pietra, a Sambatello di Reggio Calabria, la fidanzatina di 13 anni. Dopo essere stato individuato dalla polizia nel casolare in cui si era rifugiato non ha fornito molti particolari sulla dinamica dei fatti. La ragazza, colpita ripetutamente al volto con un sasso, potrebbe aver subito danni cerebrali. È ancora ricoverata nel reparto di rianimazione degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria ed è in coma farmacologico.

Le sue condizioni sono gravi. I colpi che le sono stati inferti al volto con la pietra le hanno provocato lo sfondamento delle orbite, con possibili conseguenze per il cervello e la vista.
Non è ancora uomo, ma già odia le donne.

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