Tre grandi architetti per una meraviglia di città

Nica Fiori

Può sembrare strano che un secolo oppresso da crisi politiche e emarginazione del papato, come il Seicento, veda a Roma la nascita dello stile barocco, emblema assoluto dell’arte intesa come meraviglia, illusione, invenzione spettacolare. Grazie alla forza evocativa delle immagini, questo nuovo linguaggio figurativo avrebbe saputo farsi veicolo di una promozione a «età dell’oro», di cui parla esplicitamente Giovan Battista Passeri a proposito del pontificato di Urbano VIII Barberini, e che proseguirà con Innocenzo X Pamphili e Alessandro VII Chigi.
La mostra «Roma Barocca. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona», allestita a Castel Sant’Angelo fino al 29 ottobre, propone un percorso visivo attraverso i più significativi luoghi della Città Eterna, realizzati dai tre grandissimi artisti che, nati a brevissima distanza l’uno dall’altro, si sono trovati a interagire in un periodo straordinariamente fecondo per la città, compreso più o meno tra il 1625 e il 1665. È grazie ad essi che Roma diventa la capitale europea dell’arte e che impone il proprio stile nel vecchio continente e perfino nell’America Latina. L’esposizione, promossa dal Comitato Nazionale «Roma e la nascita del Barocco» e curata da Paolo Portoghesi e Marcello Fagiolo, intende documentare i capolavori architettonici e i grandi cicli decorativi che tutti conosciamo e insieme quelle opere rimaste irrealizzate per mancanza di risorse o per scelta dei committenti. Attraverso ricostruzioni virtuali e modelli di grandi dimensioni (fino a otto metri di ampiezza) possiamo immaginare la città come poteva essere e fare un confronto con quella reale.
Possiamo vedere, per esempio, la ricostruzione del borrominiano «Foro Pamphili», ovvero piazza Navona col palazzo di Innocenzo X, la chiesa di Sant’Agnese e la fontana con l’obelisco pamphilio (a confronto col modello berniniano della Fontana dei Fiumi).
Possiamo farci un’idea di opere perdute come il casino del Pigneto Sacchetti di Pietro da Cortona e di alcuni progetti decisamente interessanti, come quello di Pietro da Cortona per un palazzo-fontana per i Chigi a piazza Colonna (che prelude alla successiva Fontana di Trevi di Nicola Salvi), o quelli borrominiani per San Giovanni in Laterano e San Paolo fuori le Mura. Particolarmente suggestivi appaiono anche i progetti per il Louvre di Pietro da Cortona e di Bernini: quest’ultimo con una spettacolare scenografia di curve concave e convesse che sembra richiamare le linee del suo rivale Borromini. Tra le altre cose sono esposti un modello a grandezza naturale della meridiana dei giardini del Quirinale, recentemente attribuita a Borromini, un modello fotografico della Galleria di Alessandro VII al Quirinale che presenta gli affreschi architettonici di Pietro da Cortona, in parte ricostruiti in fotomontaggio, la famosa «Arpa barberina», un cembalo in terracotta con divinità marine, e la «Veduta del Palazzo Ludovisi a Montecitorio secondo il progetto berniniano», attribuita a Mattia de’ Rossi.


Tra gli oggetti eccezionalmente concessi in prestito dalla Fabbrica di San Pietro troviamo il modello in gesso di una Loggia delle Reliquie e la prima versione della berniniana Cattedra di San Pietro con le colonne salomoniche avvolte da viticci, poi riprese in grande per il celebre baldacchino bronzeo. Oltre ai tre grandi protagonisti della mostra, sono documentati altri artefici del barocco romano, come il Baciccio e l’Algardi.
Orario: dalle 9 alle 19 (chiuso il lunedì).

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