(...) non gli avrebbe dato scampo. Luomo però non si rassegna, non si arrende e si affida a una clinica di Como dove gli viene effettuata una deviazione dellintestino. L'intervento riesce, ma unembolia lo porta in fin di vita nel reparto di rianimazione, dove rimane per lungo tempo. A questo punto i parenti prendono contatti con il dottor Massimo Morandi, primario della Chirurgia Prima dell'ospedale di Rho. Gli raccontano le vicissitudini del congiunto mostrandogli anche le cartelle cliniche. E qui il chirurgo inizia ad avere i primi dubbi circa la diagnosi effettuata dai colleghi.
«Abbiamo rifatto uno studio diagnostico più approfondito rispetto a quelli precedenti, affidandoci ad apparecchiature sofisticate e tecnologicamente avanzate racconta il primario -; e proprio in base ai risultati ho iniziato a sospettare che nel corso delloperazione, invece che di fronte ad un cancro, mi sarei potuto imbattere in una meno letale diverticolite». Insomma ciò che altri medici avevano diagnosticato come una malattia mortale, sarebbe potuta essere più banalmente una infiammazione, anche se importante e tale da far sorgere dubbi per i sintomi ad essa connessa. «Tra laltro ha proseguito il dottor Morandi -, abbiamo anche scoperto che durante lesame del colon, lesplorazione era stata soltanto parziale». Portato in sala operatoria, emergono le certezze: nella pancia di Tommaso non cè alcuna massa mortale e la mano del chirurgo può finalmente mettere in ordine le cose, rimuovendo quanto cè da rimuovere per restituire al paziente nuova vita.
«Gli avevano anche deviato l'intestino, costringendolo a vivere con il sacchetto esterno ha concluso il primario -; abbiamo ricostruito il tutto cancellando anche questa leggerezza».
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