Tremonti: «Non siamo in declino Il sistema Italia ha tenuto bene»

RomaDue votazioni parallele sugli ordini del giorno della maggioranza, a distanza di un minuto l’una dall’altra in ognuno dei rami del Parlamento, e l’ultimo Dpef della storia italiana è passato. «Non ce ne saranno altri», ha assicurato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti poco prima di illustrarlo ai parlamentari e facendo riferimento alla riforma della sessione di bilancio che è in gran parte avviata, ma che deve essere completata. Quello che conta è che il Documento di programmazione economica e finanziaria passato ieri alla Camera (con 254 sì e 233 no) e al Senato (152 voti favorevoli e 121 contrari) è quello che disegna il quadro della politica economica degli anni in cui l’economia mondiale e italiana dovrà uscire dalla crisi. Un documento tutto sommato ottimista. E ieri Tremonti ha ribadito la sua analisi sullo stato del Belpaese: «L’Italia non è in declino e il sistema, rispetto all’Europa, tiene». A favorirci, quelli che fino a poco tempo fa erano rubricati come difetti congeniti del Paese, ad esempio una crescita troppo bassa. «Ci è stato detto troppe volte che l’Italia è in declino e non cresce, e indicato come struttura fenomenica da prendere a modello quanto accade in tanti Paesi che crescevano di più perché avevano fatto le riforme strutturali. La crisi - ha spiegato il ministro - ha evidenziato che quella crescita non era il prodotto sostanziale, strutturale e l’effetto delle riforme; quella crescita era prodotta dalla leva e dalla droga del debito, da plusvalori immobiliari inventati». Riferimenti chiari a Paesi e aree che Tremonti cita per nome: Islanda, Spagna, Baltico, Balcani: «L’area della crisi si manifesta con intensità superiore a quella che si manifesta in Italia e negli altri Paesi del blocco continentale».
Nel giorno in cui il premier Berlusconi lo ha difeso spiegando che non è il ministro dei cordoni tirati, Tremonti è tornato a spiegare perché provvedimenti di spesa decisi in questi mesi di crisi sono stati tutti indirizzati verso le misure di sostegno a chi perde il lavoro. «Per quanto concerne la coesione sociale, abbiamo concentrato tutte le risorse disponibili sugli ammortizzatori sociali. Credo che questa scelta sia stata condivisa anche dalle parti sociali, dalle Regioni, e credo sia stata la carta giusta». E anche grazie al ruolo della famiglia, la ricetta sembra avere funzionato: «Questo è un Paese dove il contrasto sociale non si è manifestato finora». Un fronte che il governo e il ministro, quando hanno scritto il Dpef, forse non si aspettavano si aprisse è quello del Mezzogiorno. I parlamentari del Mpa non hanno votato la mozione di maggioranza e infatti i voti del documento alla Camera sono stati più risicati del solito. Del contrasto ne hanno approfittato le opposizioni, a partire dal Partito democratico che nella sua mozione ha chiesto di riscrivere il documento impostandolo sull’emergenza Sud. Posizione sostenuta, sul fronte sindacale, dalla Cgil, con il segretario generale Guglielmo Epifani che ha annunciato per l’autunno una mobilitazione anche sui temi del Sud.
Tracce della nuova questione meridionale si trovano proprio nella risoluzione della maggioranza. È firmata dai capigruppo di Pdl e Lega Maurizio Gasparri e Federico Bricolo e punta molto sul Mezzogiorno. Impegna il governo ad avviare opere strategiche per «l’infrastrutturazione» del Sud. E anche per rilanciare «un sistema di fiscalità di vantaggio in favore delle imprese che investono nelle regioni meridionali». Tremonti non nasconde che avrebbe voluto fare qualcosa di più. E non si fa scrupoli a lanciare quella che potrebbe sembrare, ma non è una provocazione. I soldi per il Sud? Ci sono, ma «se dipendesse da me rifarei la Cassa per il Mezzogiorno, non vedo alternative».


Intanto il governo sta lavorando anche alle correzioni alla manovra, che dovrebbero riguardare solo i poteri di indagine della Corte dei conti e le competenze del ministero dell’Ambiente, ma che potrebbe prevedere novità anche sugli studi di settore. Sembra però improbabile che il decreto sia approvato al Consiglio dei ministri di domani. Lunedì arriverà invece la moratoria sul debito alle piccole imprese, altro provvedimento fortemente voluto da Tremonti.

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