Le aziende americane continuano a licenziare, ma il ritmo dei tagli sta finalmente perdendo intensità, mentre lEuropa incassa dal Fondo monetario internazionale una promozione per la tempestività con cui ha affrontato la crisi. Al punto che le misure varate finora non rendono necessari nuovi stimoli fiscali.
Anche le cure praticate alla stremata economia Usa sembrano dare i primi risultati concreti. Dopo mesi di costante peggioramento, in maggio lemorragia occupazionale è stata parzialmente tamponata. Gli analisti si erano preparati al peggio: prevedevano la distruzione di 520mila posti di lavoro. A saltare sono stati invece 345mila impieghi, la cifra più bassa dal settembre dellanno scorso. È un primo segnale positivo, per quanto ancora insufficiente a sciogliere tutti i nodi legati al mercato del lavoro e, in prospettiva, a contribuire al rilancio dei consumi privati.
Dopo i dati di maggio, sono 17 i mesi consecutivi in cui il saldo tra assunzioni e licenziamenti è risultato negativo. Non a caso il tasso di disoccupazione è salito al 9,4% dall8,9% di aprile. Il picco, sostengono gli economisti, potrebbe essere raggiunto nei prossimi mesi, con i senza-lavoro al 10%. In realtà, se si considerano i lavoratori part-time e quelli occasionali, negli Stati Uniti oltre il 16,4% della popolazione attiva è priva di un impiego. Dalla fine del 2007, avvio della recessione, il Paese ha bruciato sei milioni di posti. È quindi con 14,5 milioni di disoccupati che Barack Obama si deve confrontare. «Sappiamo - ha detto ieri il presidente - che la disoccupazione tende ad attardarsi e perciò il tasso di disoccupazione continuerà a restare alto per qualche tempo». Dunque, anche se lAmerica dovesse imboccare un sentiero di crescita a partire dal secondo trimestre, i benefici sulloccupazione non sarebbero immediati. Il vice presidente, Joe Biden, ha infatti spiegato ieri che lunedì, assieme a Obama, annuncerà nuove iniziative per accelerare il passo del piano di stimolo varato dal Congresso nei primi 100 giorni della nuova amministrazione democratica.
Quanto allEuropa, il ritocco verso il basso delle stime sul Pil comunicato giovedì dalla Bce ha confermato che il 2009 sarà ancora un anno duro. Di conforto è tuttavia lopinione del Fmi, che presenterà lunedì sera il rapporto semestrale sulle prospettive macro dei 16 Paesi delleuro zona: «I messaggi del documento del Fondo sono che, dal punto di vista della politica, i governi Ue hanno finora fatto il necessario con la giusta tempistica, ma allorizzonte rimangono rischi», riferisce una fonte.
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